Chirurgia plastica: le buone regole di sicurezza
Attenzione, soprattutto per gli interventi di estetica
Chirurgia plastica: le buone regole di sicurezza. Il chirurgo plastico Paolo Santanchè ha inviato un appello – che è sostanzialmente una denuncia di ‘mala sanità’ – all’agenzia di stampa AdnKronos Salute: in tutta Italia, persino in Lombardia che viene conosciuta per l’eccellenza sanitaria, centinaia di operazioni di chirurgia, soprattutto estetica, vengono effettuate in strutture senza i dovuti requisiti di sterilità.
Le conseguenze per la salute del paziente possono essere gravi. Ecco l’appello – che è anche una denuncia – che il chirurgo plastico Paolo Santanchè ha rivolto all’agenzia di stampa AdnKronos Salute: “Semplici stanze di uno studio medico, idonee a piccoli interventi in anestesia locale associata o meno a una leggera sedazione, finiscono invece per ospitare procedure importanti come l’impianto di protesi al seno o la liposuzione.
A volte persino senza l’anestesista, usando dosaggi massicci di anestetico locale, altre volte con farmaci che l’anestesista ‘preleva’ senza autorizzazione in ospedali o cliniche“, afferma Santanchè “gli ambulatori chirurgici sono una sorta di ‘zona franca’ su cui lo Stato dovrebbe imporre delle regole nazionali“.
Analisi della panoramica privata
Il chirurgo segnala “un pericoloso vuoto normativo che riguarda la regolamentazione delle strutture private destinate alla chirurgia“. E precisa: “Esistono le case di cura, che hanno le stesse caratteristiche di un ospedale e quindi permettono di effettuare ogni tipo di intervento chirurgico con ricoveri anche prolungati.
Poi ci sono le Day Surgery, dotate di sale operatorie simili a quelle di ospedali e case di cura, ma per ricoveri di massimo 24 ore. Il problema riguarda gli ambulatori chirurgici, con dotazioni mediche minimali e strutture approssimative. Ad esempio non hanno il filtraggio dell’aria per la sterilità e neppure impianti di gas e ossigeno, né attrezzature per la rianimazione”.
Chirurgia estetica e anestesia
Paolo Santanchè è molto sensibile a questa situazione perché “riguarda soprattutto la chirurgia estetica, effettuata di norma in regime privato con costi totalmente a carico dei pazienti. Purtroppo quindi, allettati dal grande risparmio, sono molti gli sprovveduti che finiscono per sottoporsi a operazioni importanti negli ambulatori chirurgici. Senza rendersi conto che così risparmiano solo sulla loro sicurezza, assumendosi rischi pesanti“.
E prosegue: “Ci sono casi in cui – non potendo operare in anestesia totale – per risparmiare ulteriormente il medico dell’ambulatorio chirurgico interviene senza anestesista, utilizzando farmaci anestetici locali in super dosaggi che potrebbero comportare pericoli maggiori dell’anestetico generale.
Molte altre volte è presente l’anestesista che effettua anestesie maggiori con farmaci che ‘si procura’ in clinica o in ospedale, anche se negli ambulatori chirurgici non potrebbe usarli“.
Il problema di liposuzione e protesi al seno
” Tutto diventa particolarmente pericoloso nei casi di liposuzione – che richiedono alti dosaggi di anestetico locale e adrenalina – e negli impianti di protesi al seno che, oltre a necessitare di ambienti sterili, dovrebbero anche risultare tracciabili” sottolinea il chirurgo.
“Purtroppo – come ha recentemente denunciato all’AdnKronos Salute il medico e la Sicpre (Società italiana di chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica) – la legge del 2012 che ha istituito i Registri nazionale e regionale degli impianti protesici mammari resta in gran parte disattesa, la tracciabilità delle protesi dipende esclusivamente dalla conservazione dei tagliandi identificativi degli impianti in cartella clinica. Peccato però che negli ambulatori chirurgici non esiste registro operatorio o cartella clinica“.
L’importanza di regole nazionali
“Ritengo che un quadro come questo sia incompatibile con una sanità saggia e responsabile. Ecco perché – conclude Santanchè – lo Stato dovrebbe fissare delle regole nazionali e non lasciare all’arbitrio delle singole Regioni la gestione della sicurezza dei pazienti: un diritto che non può dipendere dalla posizione geografica“.