Arte & Cultura,  Life gallery

“David LaChapelle. I believe in Miracles” al Mudec di Milano

David LaChapelle: uno sciamano contemporaneo

«David LaChapelle. I believe in Miracles», al Mudec dal 22 aprile al 22 settembre, personale del fotografo americano, curata da Denis Curti e Reiner Opoku. La mostra con oltre 90 opere tra formati oversize e installazioni site-specific ricostruisce quaranta anni della sua carriera artistica.

Ho incontrato Andy Wharol nei club di New York … Gli ho parlato e ho detto che ero un fotografo e se potevo mostrargli le mie foto e lui ha detto ‘Sicuro’. Mi ha dato il mio primo posto di lavoro professionale come fotografo nella rivista ‘Interview Magazine”.

David LaChapelle: la carriera

Correvano i primi anni Ottanta e così è cominciata la carriera di David LaChapelle, che entra giovanissimo nella Factory di Wharol.

Diventando fotografo di moda e dello star- system, le sue foto sono bene accolte e presto lavora per le case editrici più note (Vanity Fair, Vogue,Rolling Stone…) e negli anni, firma campagne pubblicitarie tra le più prestigiose (Lavazza, L’Oreal, Mtv…) .

Famosissimi sono i suoi ritratti di star del cinema, dell’arte, dello spettacolo, da Kim Kardashian nelle vesti di -più propriamente svestita da- Maddalena penitente in “Abiding Lamentation”(2018) a Naomi Campbell quale venere nera in “Rape of Africa” (2009), alle pop star più glamour: Bjorg, Michael Jackson, David Bowie, fino a personaggi della politica: Hilary Clinton, Henry Kissinger…

Nato a Fairfield nel Connectitut nel 1963,David LaChapelle (il cognome francese gli viene dal padre, di discendenza ugonotta, mentre la madre è lituana) si forma inizialmente come pittore, frequentando i corsi di pittura della “Caroline North School of Arts” e poi la “School of Arts di New York, dove si trasferisce all’età di 17 anni.

David LaChapelle: uno sciamano contemporaneo

Inventa un modo tutto nuovo di fare fotografia: per ottenere uno spettro di colori più vivido , dipinge a mano, prima di svilupparle, le sue pellicole. Le sue foto – barocche, oniriche , surreali e dai colori vivacissimi- sono pura arte scenica, sofisticatissime composizioni frutto di un progetto complesso e non un fermo-immagine della realtà tout court.

Soprannominato da alcuni il “Fellini della fotografia” ,viene considerato dai suoi ammiratori uno sciamano contemporaneo capace di intercettare paure, desideri e ossessioni della società contemporanea.

LaChapelle mostra una sapienza alchemica nel mescolare tecniche e linguaggi diversi, allargando presto la sua attività alla regia di videoclip musicali, docufilm, regie teatrali.

In pochi decenni, molte delle sue opere fotografiche e cinematografiche sono diventate icone dell’America del XXI.

I believe in Miracles

david-lachapelle-i-believe-in-miracles-al-mudec-di-milano

Perché il titolo di questa mostra?

LaChapelle risponde “ Credere nei miracoli significa credere nella sorpresa, nel genere umano. E’una sospensione dell’incredulità ed aiuta a creare nuove relazioni con le persone… E poi io stesso sono un miracolato. Quando i miei amici negli anni Ottanta morivano uno dopo l’altro per l’AIDS, io sono, a 58 anni, ancora vivo. Durante quegli anni terribili sentivo la fretta, l’urgenza di lasciare qualcosa di quel tempo, di ricordarli, ne facevo angeli, dipingevo loro le ali.” – e aggiunge- Ho sempre avuto fede, sin da bambino, e negli anni molti amici mi hanno aiutato a trasformare questa fede in immagini”.

E’ il tempo, nei primi anni Ottanta, delle bellissime opere su vetro, presenti nei riquadri in cima allo scalone del Mudec, simili a vetrate di chiesa. Questa esperienza traumatica lo avvicina alla fede.

La svolta avviene nel 2006 in seguito ad una visita alla Cappella Sistina e al trasferimento a Maui ,isola delle Hawaii, in una fattoria alimentata da fonti rinnovabili.

La serie “Deluge” ( 2006) e “After the Deluge”(2007-09) , testimoniano di questa svolta e della caducità di uomini e cose travolti dai flutti. Ma vi s’intravede anche l’emergere dell’arte come cultura del bello e il riscatto dell’uomo nella sua capacità di condivisione.

Il sacro è una presenza costante nelle composizioni di LaChapelle

in un ironico equilibrio con il sacrilego,

il provocatorio e il kitsch.

Dichiaratamente omosessuale, LaChapelle rappresenta spesso il nudo integrale, specie quello maschile, attirandosi accuse di blasfemia. In lui la provocazione però è stemperata da una profonda semplicità e dalla fede nel genere umano.

Contro l’antropocentrismo

Temi centrali in LaChapelle sono la fragilità dell’uomo e del pianeta.

La serie “Landscape” (2013) gravita intorno allo sfruttamento delle risorse naturali e sull’impossibilità della sopravvivenza umana senza quella della natura.

In “Spree” (2019-2020) La Chapelle costruisce un modellino di 35 cm di una nave da crociera incagliata in un mare di ghiaccio.

La natura rivendica i suoi spazi, sempre più minacciati dal turismo di massa. L’opera ha voluto ben tre anni di lavorazione ed ha impiegato i miniaturisti di Hollywood.

Nella mostra sono esposti per la prima volta nuovi scatti, realizzati dopo il biennio pandemico, che interpretano alcuni passi dell’Antico Testamento. Le ambientazioni sono meno surreali e lo stile più intimo e riflessivo.

Chiude la mostra la serie “Sculpture Garden”(2021) incentrato sulle bellezze floreali di Maui, l’isola dove soggiorna dal 2006.

“La coscienza ci dice che siamo in un momento propizio all’apocalittico come al miracoloso. Spero che mentre contemplate queste immagini possiate vivere momenti di riconoscimento, comprensione e bellezza condivisa”.

https://www.mudec.it