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Arte & Cultura,  Life gallery

Henri Cartier-Bresson: La Cina anni ’50 al Mudec di Milano

A Milano, sino al 3 luglio, le opere del famoso fotografo dal 1948 al 1958

A volte mi chiedono: ‘Qual è la tua foto preferita tra quelle che hai scattato?’ Non lo so, non m’importa. Sono più interessato alla prossima fotografia che scatterò, o al luogo che visiterò. Henri Cartier-Bresson

La mostra Henri Cartier-Bresson: Cina 1948-49/1958, prodotta da 24 ORE Cultura e promossa dal Comune di Milano-Cultura, porta in Italia per la prima volta il progetto espositivo realizzato a Parigi sui due reportage fotografici realizzati in Cina tra il 1948 e il 1958.

Reportage che resero Cartier-Bresson (1908-2004) uno dei più importanti protagonisti culturali del ‘900, considerato il pioniere del foto-giornalismo, tanto da venire definito «Occhio del secolo».

Attraverso i suoi scatti l’artista ha raccontato per decenni, con incredibile eleganza e puntualità, la storia del mondo, dalla Francia alla Cina, dall’India agli Stati Uniti.

L’avvio di una carriera da fotoreporter in Cina, nel 1948

Poco dopo la creazione dell’agenzia Magnum Photos, fondata (con la partecipazione dello stesso Cartier-Bresson) diciotto mesi prima a New York per iniziativa di Robert Capa, il 25 novembre 1948 la rivista “Life” commissiona a Henri Cartier-Bresson un reportage sugli “ultimi giorni di Pechino” prima dell’arrivo delle truppe di Mao.

Il soggiorno doveva durare due settimane, ma si protrarrà per più di dieci mesi, principalmente nella zona di Shanghai.

In questo periodo Cartier-Bresson documenta la caduta di Nanchino, retta dal Kuomintang.

Costretto a rimanere per quattro mesi a Shanghai, controllata dal Partito Comunista, lascerà infine il Paese pochi giorni prima della proclamazione della Repubblica Popolare Cinese (1° ottobre 1949).

Durante il lungo soggiorno imprevisto Cartier-Bresson elabora il suo stile inconfondibile, che lo mette in grado di cogliere con immediatezza e veridicità l’«istante decisivo», secondo la definizione che gli viene attribuita per sintetizzare la sua concezione della fotografia di reportage.

L’uso del bianco e nero nelle sue fotografie gli permette di evidenziare la forma e la sostanza della realtà.

Ogni suo scatto coglie la contemporaneità delle cose e della vita con un nuovo stile, poetico e distaccato, attento tanto ai soggetti ritratti quanto all’equilibrio formale della composizione. Molte delle immagini realizzate in questo periodo restano nella storia della fotografia, come il Gold Rush in Shanghai.

 Henri Cartier-Bresson e il fotogiornalismo

Col passare dei mesi, il reportage China 1948-49, realizzato in totale libertà d’azione, e il suo modo di rappresentare la vita cinese “tradizionale” e l’instaurazione di un nuovo regime a Pechino, Hangzhou, Nanchino, Shanghai riscuote grande successo sulle pagine di “Life” e delle maggiori altre riviste internazionali d’informazione, compresa l’appena fondata “Paris Match”.

A partire dagli anni Cinquanta, Cartier-Bresson diviene uno dei maggiori nomi di riferimento del “nuovo” fotogiornalismo e, in generale, del rinnovamento della fotografia.

I volumi The Decisive Moment (Verve, 1952) e D’una Chine à l’autre (Delpire, 1954), con prefazione di Jean-Paul Sartre, lo confermano.

Il ritorno in Cina nel 1958

Nel 1958, in prossimità del decimo anniversario di quel primo reportage, Cartier-Bresson torna in Cina, ma stavolta in una situazione del tutto differente.

Per quattro mesi è costantemente accompagnato da una guida che lo conduce per migliaia di chilometri a visitare luoghi selezionati, complessi siderurgici, grandi dighe in costruzione, pozzi petroliferi, paesi rurali “modello”.

Sono tutti luoghi che devono mostrare il “Grande balzo in avanti” compiuto dal drago cinese, i prodigiosi risultati della Rivoluzione e dell’industrializzazione forzata delle regioni rurali.

Cartier-Bresson tuttavia riesce a cogliere e documentare anche aspetti più problematici: lo sfruttamento dei lavoratori, il controllo militare, l’onnipresenza della propaganda.

Anche il reportage China 1958 riscuoterà un immediato successo editoriale, con pubblicazioni programmate su scala internazionale, durante la prima settimana del gennaio 1959.

Sarà attraverso le sue immagini che il mondo occidentale si costruirà per anni l’idea della Cina di Mao, fino agli anni Settanta.

Fondazione Henri Cartier-Bresson

In mostra si possono ammirare oltre cento stampe originali e una raccolta di documenti e materiali d’archivio che costituiscono un excursus senza precedenti attraverso due momenti-chiave nella storia della Cina, fissati in reportage costituiscono una pietra miliare nella storia del fotogiornalismo mondiale.

I materiali sono stati selezionati da Michel Frizot e Ying-Lung Su della Fondazione Henri Cartier-Bresson (HCB), che ha messo a disposizione un eccezionale corpus di fotografie, pubblicazioni di riviste d’epoca, documenti e lettere del fotoreporter francese.

Henri Cartier-Bresson: Cina 1948-49/1958, al Mudec di Milano, Via Tortona 56. Lun 14.30 ‐19.30. Mar, Mer, Ven, Dom 09.30 ‐ 19.30.Gio, Sab 9.30‐22.30. Fino al 3 luglio.