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“Il mio vicino Adolf”: se fosse vero?

“Il mio vicino Adolf “di Leon Prudovsky – Israele, Polonia –  Dal 3 novembre nei cinema

Siamo in un paese del Sud America, nel 1960. Un sopravvissuto all’Olocausto, dal carattere solitario e scontroso, si convince che il suo nuovo vicino di casa possa essere addirittura Adolf Hitler in persona.

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Ma nessuno gli crede. E allora che fare? Cercare le prove.

Il 1960 è l’anno in cui Adolf Eichmann viene catturato in Argentina da agenti israeliani.

Il successivo processo in Israele farà emergere il concetto di “banalità del male”, formulato da Hannah Arendt per denunciare le responsabilità e le compromissioni di quanti avevano contribuito a far funzionare il terribile meccanismo della Shoah, come aveva fatto con meticolosa efficienza il contabile Eichmann, che insisteva nel dichiararsi un semplice esecutore della volontà di Hitler.

La formula usata da tanti troppi che invece sapevano e collaboravano.

Un sopravvissuto alla Shoah

Polsky è sopravvissuto alla persecuzione nazista contro gli ebrei e conduce una vita scontrosa e solitaria nella remota campagna colombiana.

Le sue occupazioni sono gli scacchi e la cura degli amati cespugli di rose. Un giorno un misterioso anziano di origine tedesca si trasferisce nella casa accanto alla sua. Polsky inizia a sospettare che possa essere Adolf Hitler.

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Per arrivare ad avere la certezza che lo sia davvero deve conoscerlo, avvicinarsi sempre più a un uomo che gli provoca repulsione, che considera un nemico dell’umanità.

E così finisce per conoscerlo molto più di quanto vorrebbe, tanto che i due potrebbero quasi diventare amici.

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“Il mio vicino Adolf”: l’idea del film

Leon Prudovsky, il regista, racconta come l’idea del film gli è stata ispirata dalla figura della nonna, una donna ansiosa, che non rideva quasi mai ed era sempre tesa come se si aspettasse sempre di essere colpita da una tragedia da un momento all’altro.

Un atteggiamento comune ad altri sopravvissuti alla Shoah, che non hanno mai superato il trauma vissuto, né hanno smesso di odiare i tedeschi.

Una parabola di umorismo ebraico

Ne “Il mio vicino Adolf “- dice Prudovsky – ho provato a raccontare una parabola classica con l’umorismo ironico, tragico e non convenzionale che caratterizzava il mondo ebraico prima dell’Olocausto.

Una parabola che percorre il sottile confine tra dolore e ridicolo, realismo e assurdo, delicatezza acuta e sfrontatezza grottesca.

“Il mio vicino Adolf” esplora la natura dell’ostilità.

Cosa succede se conosci il tuo peggior nemico e scorgi l’umanità che si cela dietro il tuo odio più puro?

E se finite per diventare amici? L’odio è più forte del bisogno di amicizia? O lascia spazio alla riconciliazione?

Credo che le domande poste da questa parabola siano universali ed eterne e siano valide per qualsiasi conflitto, in qualsiasi luogo e in qualsiasi periodo storico.

E, magari, oggi più che mai, è necessario trovare delle risposte.”

“Il mio vicino Adolf”: il lavoro collettivo del cast

Per girare il film sono stati consultati esperti di Israele, Polonia, Colombia, Argentina e Francia, che hanno superato le barriere linguistiche e culturali attraverso l’umorismo, chiave stilistica della storia scritta da Leon Prudovsky e Dmitry Malinsky, autori a quattro mani della sceneggiatura,

Uno degli ostacoli incontrati è connesso con l’essenza stessa del film che mette in scena un‘attività di sorveglianza.

Polsky osserva il suo vicino da una grande varietà di angolature, da ogni finestra, ogni porta, ogni cancello della casa, del cortile e del giardino.

Ed è proprio dall’osservazione assidua che si dipana la storia della relazione tra questi strani vicini.

Trovare due edifici con tutti gli elementi previsti dalla sceneggiatura non è stato possibile e così sono stati costruiti appositamente.

Questo ha però poi consentito una grande libertà alla macchina da presa che ha potuto filmare esattamente ciò che Leon voleva, mentre gli attori potevano muoversi negli spazi e modellare i personaggi di Polsky e Herzog con la massima naturalezza.

Due grandi professionisti nei panni dei due vecchi

David Hayman nel ruolo di Malek Polsky e Udo Kier in quello di Herman Herzog hanno dato vita ai due uomini anziani e scontrosi al centro della storia, facendo emergere le differenze e le somiglianze inaspettate eppure così naturali.

Entrambi si sono calati perfettamente nel rispettivo ruolo, mescolando humor nero alla drammaticità della vicenda storica, contribuendo a dare spessore a una pellicola che fa pensare a “un mix tra “La finestra sul cortile” e “Due irresistibili brontoloni”.

“Il mio vicino Adolf “ è un film in cui l’umorismo suggerisce riflessioni profonde e spinge a interrogarsi su dove si annidi la causa di quel male che rende l’essere umano nemico spietato di altri essere umani, pur a lui così simili.

Mentre scenari di guerra sono sempre più vicini a noi è un domanda importante, e ognuno deve cercare una risposta.

“Il mio vicino Adolf “di Leonid Prudovsky, con David Hayman e Udo Kier. Durata 100 minuti. Distribuito da I Wonder Pictures. Dal 3 novembre nei cinema