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‘L’età dell’entusiasmo. La mia vita con Tiziano’: la moglie Angela racconta

Appassionante racconto di luoghi e personaggi straordinari

‘L’età dell’entusiasmo. La mia vita con Tiziano’: l’appassionante racconto di luoghi e personaggi straordinari nella voce di sua moglie Angela in un’intervista esclusiva per Sensi del Viaggio

È uscito ieri, per la collana ‘Il Cammeo’ di Longanesi, l’atteso libro di Angela Staude Terzani- ‘L’età dell’entusiasmo. La mia vita con Tiziano’, che sarà presentato oggi, 7 settembre, al Festival della Letteratura di Mantova, in un incontro tra l’autrice e la giornalista Cecilia Sala intitolato ‘Lasciare l’autostrada per i sentieri’, la metafora utilizzata da Tiziano Terzani per raccontare il suo personale percorso di scoperta del mondo in relazione al suo lavoro di reporter.

Un libro, l’autobiografia di Angela Staude Terzani, che si legge tutto d’un fiato.

Un racconto che conduce il lettore non solo nel suo mondo e in quello di Tiziano, ma attraverso un viaggio in cui si scoprono persone e luoghi eccezionali: dall’infanzia di Angela durante la Seconda Guerra Mondiale, un periodo difficile, ma tutto sommato felice, all’incontro ‘fatale’ con Tiziano, l’autrice ci porta a scoprire la sua vita, infine meravigliosa, vissuta accanto a un uomo straordinario.

“L’età dell’entusiasmo. La mia vita con Tiziano” intervista con Angela Staude Terzani

D – Ci conosciamo da un po’ di tempo, o meglio corrispondiamo, e ho seguito la lunga genesi del suo libro: ci è voluto tanto tempo per raccontare di lei e Tiziano?

R – Sì, più che altro ci ho messo molto a capire esattamente chi fosse quest’uomo con cui ho condiviso la vita per quasi cinquant’anni; tempo per capirlo. Tiziano era molto legato alla realtà, alla vita, e a volte temeva che il nostro momento potesse esaurirsi, ma così non è stato e abbiamo percorso insieme strade straordinarie.

DUn percorso felice o doloroso ripercorrerle e ricordare quel tempo?

R – È stato bello, come rivivere un’altra volta quei momenti! Considero una fortuna per me essere tornata indietro con la memoria per raccontare di noi, di quel periodo, delle esperienze vissute insieme e no.

D – Il titolo della sua autobiografia è decisamente descrittivo di un’epoca molto lontana, non solamente nel tempo, ma anche nello spirito da quella odierna: dove si è perso qualcosa, secondo lei? E quale futuro per tanti giovani senza quegli stimoli e quell’entusiasmo?

R – Tutto terminò con la fine della guerra in Vietnam. Fino ad allora c’erano stati ideali, non soltanto per sé, ma per tutti. Tiziano ha studiato molto per diventare un bravo giornalista, per mettere il suo lavoro al servizio degli altri, da cui traeva le soddisfazioni più grandi. Con la globalizzazione, il consumismo, il pensiero rivolto solo al benessere materiale e personale si è tolta l’aria ai giovani e senza ideali è molto difficile trovare stimoli ed entusiasmo, ma sono fiduciosa che non sarà sempre così e qualcosa potrà ancora accadere.

D – Dopo la scomparsa di Tiziano come è cambiata la sua vita? Malgrado il suo lavoro lui è stato sempre presente e lei sapeva che poi sarebbe comunque tornato a casa… poi?

R – È stato davvero un peccato che quest’uomo che aveva capacità di analisi e di pensiero e avrebbe avuto ancora tante cose da dire sia scomparso così presto, non solo per me, ma anche per tanti che lo ammiravano e stimavano. Per me, personalmente, era un interlocutore molto interessante, oltre che un marito e il padre dei miei figli. Fortunatamente, l’impegno e la cura per la diffusione dei suoi valori e dei suoi libri sono stati una grande consolazione.

D – Suo padre, Hans-Jo Staude, Anzio, è stato un grande pittore e anche un grande viaggiatore e lei lo descrive nel libro con affetto e ricordi meravigliosi, come quando, a pagina 38 scrive ‘…mio padre, che era dell’idea che ogni uomo fosse interessante, il fornaio come lo scienziato nucleare, purché lo si facesse parlare di ciò di cui si intendeva…’: ha ritrovato qualcosa di lui in suo marito?

R – Sì, per molti versi avevano qualcosa in comune. Anche se poteva non sembrare, Tiziano aveva un lato poetico, amava l’arte, ha sempre guardato alla tradizione, all’antichità e nei suoi viaggi non mancava mai di andare a scoprire ciò che di bello e artistico c’era nel paese in cui si trovava. Da mio padre era affascinato per la sua pittura e la sua cultura immensa…

D – Lei è una tedesca (con parenti di varie nazionalità sparpagliati in tutto il mondo), nata a Firenze e, penso, come il resto della sua famiglia, ‘cittadina del mondo’: qual è il suo pensiero su tanti rigurgiti di fascismo, nazismo, odio contro il diverso o il povero?

R – Arriviamo, purtroppo, da un ‘900 catastrofico: due guerre mondiali, due blocchi in Germania, l’Est e l’Ovest, milioni di morti che pesano sulle nostre teste, dolore e distruzione. Oggi è di nuovo un momento insensato in cui stiamo distruggendo la natura al solo scopo di accumulare soldi e benessere materiale, dimenticandoci dello spirito; la forbice si allarga tra ricchi e poveri e l’inevitabile risultato sono queste manifestazioni di regressione a movimenti razzisti verso gli altri che non fanno che acuire il malessere generale per cui tanti sfogano il proprio malessere in azioni davvero riprovevoli verso il prossimo.

D – Folco è stato più sotto i riflettori per un certo periodo, Saskia (che fisicamente le somiglia molto) ha scelto una vita più riservata: che cosa hanno preso da lei e da Tiziano nel loro essere?

R – Folco/Saskia: interessante! E buffo. Dunque, direi che Saskia ha preso da Tiziano il senso del lavoro, del dovere, ed è anche molto giusta e altruista; dall’altro canto, invece, Folco è più idealista e sognatore, poco concreto, ma entrambi hanno acquisito un po’ da me e un po’ da Tiziano: bravi ragazzi!

D – Lei racconta, magistralmente, momenti di grande felicità alternati agli alti e bassi che, inevitabilmente, tutti gli esseri umani incontrano nella vita. Che cosa consiglia a chi deve superare situazioni difficili? Lei, per esempio, ha affrontato un tumore al seno e ne parla apertamente nel libro…

R – I momenti difficili toccano a tutti, prima o poi. Bisogna essere pazienti, credere in sé stessi. Tiziano, per esempio, accettando la sua malattia con la spiritualità orientale, l’ha vissuta con serenità e come ha voluto lui.

D – C’è una sua immagine che io trovo bellissima, in bianco e nero, in cui appare davanti a Tiziano, fra le sue braccia e in cui sembra una bambina che gli si abbandona con fiducia, mentre lui aveva già la barba e l’abito bianco e stava già abbandonando questa vita: come è riuscita ad affrontare la sua malattia e la sua scomparsa?

R – L’ho accompagnato, nei sette anni della sua malattia, anche se, contrariamente a lui, che era perfettamente cosciente che se ne sarebbe andato, io mi ero nutrita di illusioni e speranze che potesse guarire. Quando ho capito che aveva ragione lui e ha chiesto di rimanere da solo, non ho potuto fare altro che lasciarlo andare e di questo sono contenta. Lui si sentiva sostenuto dai suoi lettori, voleva condividere tutto, anche questo passaggio della sua vita: un senso di dovere come giornalista e scrittore.

L’età dell’entusiasmo.

D – Angela, questo non è il suo primo libro (‘Giorni cinesi’ e ‘Giorni giapponesi’ ed. TEA), ma tanti lettori non la conoscono come scrittrice, ma solamente come ‘la moglie di Terzani’: questo le ha mai creato disagio? A pagina 77 dell’autobiografia dice ‘Amavo quest’uomo insolito nel darsi come nell’esigere tutto da me e balzai sul suo carro. Perché il carro era suo e alla guida ci sarebbe stato lui, questo mi fu chiaro fin dall’inizio e non l’ho mai messo in discussione.’

R – Assolutamente no! Ho conosciuto Tiziano quando avevo solo 18 anni, lui era bellissimo, ma io ho avuto il merito di vedere oltre il suo aspetto esteriore e capire che sarebbe andato lontano, e io con lui…perciò, sì, sono stata felice di essere la moglie di Terzani e di essere salita sul suo carro!

D – Sempre nel libro, ‘L’età dell’entusiasmo. La mia vita con Tiziano’, nel capitolo 11, ‘Colti venditori di macchine da scrivere’, parla dell’esperienza di Tiziano alla Olivetti di Ivrea, gioiello dell’illuminato Adriano, da dove lui comincia a girare e conoscere il mondo, ma era una realtà che gli stava stretta e non aveva ancora trovato la sua strada…

R – Sì, purtroppo quando Tiziano arrivò lì Adriano Olivetti era scomparso già da un paio d’anni e conosceva solo il suo operato, un misto di religiosità, spiritualità e socialismo: troppo avanti per quell’epoca, la sinistra non lo vedeva bene e lo boicottava. È stato un personaggio visionario, ma epocale, che metteva l’uomo al centro, come Tiziano, e abbiamo dovuto aspettare molti anni per vedere pubblicati i suoi scritti e poterli leggere… un vero peccato non abbiano potuto conoscersi, li avrei visti molto bene insieme. Lui aveva capito, già in ‘Un indovino mi disse’, che il progresso per l’umanità non era nell’industria, ma nella bellezza. Tiziano, come Olivetti, credeva nell’uomo e lo metteva sempre al centro.

D – Tiziano ascoltava storie per scegliere la vita a cui ispirarsi, poi scelse di seguire le proprie stelle e non il mero guadagno e, infine, di ‘Correre nel mondo per cercare la verità’ (Capitolo 14, pag. 125): oggi che direbbe di questo appiattimento dei media e di questa informazione uniformata? Mi pare che su Covid, guerra in Ucraina, gas, acqua, e via dicendo, ci stiano raccontando tutti la stessa storia, ma viene da dubitare…

R – Ha proprio ragione, questo è il guaio! Pare siano rimasti davvero in pochi a raccontare la realtà per ciò che è veramente e ad avere il coraggio di pensare con la propria testa; per esempio, è vero, sul Covid la gestione è stata molto sospetta. Senza negarne l’effettiva esistenza, sembra proprio che governi e istituzioni sanitarie, per non parlare delle farmaceutiche, abbiano ‘globalizzato’ anche l’informazione e se ne siano approfittati per fare il proprio comodo. Americani, europei, cinesi, ognuno ha la propria versione, e forse nessuno quella corretta: un tipico caso in cui la verità è difficile da capire, ma c’è tanto da ragionare per arrivarci.

D – Cosa penserebbe Tiziano, che già allora riteneva di essere vissuto nel secolo sbagliato, oggi, di questo mondo web in cui sono tutti sui ‘social’ dove sfogano le proprie frustrazioni, odio, rancore, violenza gratuita?

R – Tiziano aveva solo sé stesso e per lui era molto importante, come per me, il rapporto faccia a faccia. Lui direbbe che è inutile, non si arriva a niente. È anche una forma di vigliaccheria esprimere tutte queste cattiverie senza mostrarsi personalmente, bruttissimo. Inoltre, tutti dicono che così sono più in compagnia, ma dove? Sono tutti soli, la gente è sola e triste, quali ‘social’? Sono solo discorsi delle grandi industrie che vogliono vendere e noi ci facciamo gattonare, hanno psicologi che suggeriscono le maniere più astute per influenzarci.

Tiziano credeva nel rapporto personale di due energie che s’incontrano, che si capiscono o non si capiscono, ma sempre faccia a faccia, non certo attraverso uno strumento elettronico; noi abbiamo molto potere, possiamo esercitare il nostro potere per il bene, anche per il male naturalmente, ma se non lo facciamo rinunciamo davvero a una parte importante per noi…

D – A pagina 372 parla del signor Chong Keats e dell’importanza delle tradizioni sulla modernità ‘…ma Chong Keat continuava a parlare. Parlava dell’importanza di salvaguardare, nel mondo che cambiava, la diversità delle culture, senza dover rinunciare alla sfida posta dalle straordinarie innovazioni tecnologiche da cui lui era il primo a essere affascinato’: dove stiamo andando? C’è modo di vivere in un mondo più coerente? Secondo lei ci sarà un momento in cui si toccherà il fondo per rivalutare certe peculiarità? O andremo avanti a rotta di collo fino a quando non ci schianteremo?

R – No, senta, questo non è mai stato così nel mondo. Fino a che c’è vita ci sono alternative, a meno che non ci si butti delle bombe atomiche in testa! Se non ci facciamo fuori in questa maniera troveremo delle vie d’uscita. Io penso che sicuramente sia sempre stato così, dopo tanti momenti di distruzione, di fine di tutto, l’uomo ha sempre trovato il verso di rivivere e penso che lo farà anche questa volta, a meno che, a un certo punto, non ci si fermi nella distruzione della natura, perché è la natura che ci sorregge e se noi la vogliamo distruggere allora non vedo tante possibilità.
Io sono convinta di questo: ci sono stati grandi periodi così neri nel mondo per tutti e ne siamo usciti. C’è stato il primo Medio Evo, l’anno 1000, in cui aspettavano la fine del mondo, e poi la Guerra dei trent’anni. Trent’anni di guerra in Europa: alla fine a Parigi c’erano solo i lupi, non c’era più nessuno, non un’anima, tutti erano morti di fame e guardi ora Parigi cos’è! Anche in Vietnam, dove gli americani avevano napalmizzato le foreste, lasciando solo distruzione e alberi e vegetazione secchi, vada a vedere oggi, c’è la giungla.

D -È nel cassetto dei miei sogni…

R – Sì, le auguro di realizzarlo questo sogno, vada a vedere. Purtroppo, quello che non ricresce sono le teste…ma speriamo ne nascano di nuove, e allora si potrà ricominciare daccapo.

L’ultimissima domanda: parla di un bambino, è un nipotino?

R – No, non è nessuno. È un’immagine, che non somiglia nemmeno ad alcuno dei miei nipotini… è un sogno!

Termina così la nostra bellissima conversazione, preferisco chiamarla così, perché è stato un tempo intenso, denso di emozioni e commozione, un lungo momento che porterò a lungo nel cuore.

Un’amicizia epistolare che dura da anni e che è per me preziosissima, spesso, anche per affrontare il mio quotidiano, non sempre facile…. E Angela conclude incoraggiandomi: ‘lei fa bene alle persone essendo così interessata, curiosa e appassionata, sognatrice… è il suo bello!

…e ci salutiamo con il reciproco piacere di esserci parlate: infine, più che un’intervista, appunto, una bella chiacchierata che auspico i lettori apprezzeranno.

Angela Staude Terzani con la nostra giornalista/scrittrice Viviana Spada