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Arte & Cultura,  Life gallery

Prima, donna. Margareth Bourke-White a Palazzo Reale di Milano

Margareth Bourke-White la donna dei primati

Il titolo della mostra è intrigante: Prima, donna. Margareth Bourke-White. Di primo acchito, t’immagini una primadonna, come una diva del cinema o una cantante lirica.

Guardando più attentamente, ti accorgi della virgola, e dietro il gioco della virgola si nasconde il senso della mostra.

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Margareth Bourke-White è stata una primadonna perché prima in tutto, perché donna dei primati.

La prima donna a realizzare foto visionarie e astratte delle acciaierie di Cleveland, arrampicandosi fino alle gru sovrastanti le fonderie per fotografare sopra il metallo fuso, esponendosi al fuoco delle fornaci.

La prima a realizzare un libro, You Have Seen Their Faces (1937), di testi e foto sulla Depressione degli anni -30, pietra miliare nel campo dell’editoria fotografica, a quattro mani con lo scrittore Erskine Caldwell, che poi diventerà il suo secondo marito.

La prima ad affrontare la fotografia aerea in tempo di guerra come in tempo di pace, con grande coraggio e sprezzo del pericolo (“Avevo deciso di fare un volo rischioso e poco prima del decollo decise di partire anche lui: “Volo io con te; se muori, voglio morire insieme a te”. Ce la cavammo, ma porterò sempre con me quella frase come una stella invisibile”).

Margareth Bourke-White sempre la prima a….

Fu la prima fotografa americana a documentare la rivoluzione industriale in Russia e l’unica a fare un servizio fotografico su Stalin.

La prima divisa femminile di corrispondente di guerra la disegnarono per lei, che per cinque mesi seguì il corpo d’armata americano sul fronte italiano e fotografò i bombardamenti di Cassino, la liberazione di Napoli e di Roma.

Fu la prima a varcare i cancelli di Buchenwald, al seguito del generale Patton e a fotografarne gli orrori.

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Finita la guerra, recatasi in India nel 1946, vi rimase due anni e testimoniò in un libro (Halfway to Freedom, 1949), la drammatica separazione tra India e Pakistan.

Pur di fotografare il Mahatma Gandhi di cui restituì un ritratto intenso ed altamente simbolico, accettò di imparare a filare, come racconta in Portrait of my Self (1963) : “Desideravo fotografare il Mahatma mentre filava. “Lei sa filare?”, mi chiese il segretario. “Oh, non voglio filare insieme al Mahatma. Sono venuta per fotografarlo mentre fila”. “E come pensa di capire il simbolismo di Gandhi mentre è intento in questo lavoro? Come può comprendere il significato profondo dell’arcolaio, il charka, se prima non impara almeno i rudimenti della filatura?”

Fu lei l’ultima ad intervistarlo: poche ore dopo Gandhi moriva colpito dai proiettili di un fanatico indù.

La prima a scendere nell’inferno delle miniere per fotografare i minatori e, a colori, il razzismo del Sudafrica, ma anche quello di casa sua, nel Sud bianco quando partecipò ad un’inchiesta di Life “The Background of Segregation” con un reportage a colori da Greenville, South Carolina.

Infine non si sottrasse all’obiettivo della macchina fotografica nell’ultima fase della sua vita, quando si fece riprendere debole e invecchiata, nonostante il gusto e l’eleganza nel vestire che l’avevano sempre caratterizzata, per testimoniare la sua battaglia contro il Parkinson che la immobilizzerà e la porterà alla fine.

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Margareth Bourke-White una donna che esce dai limiti

Una donna che esce dai limiti: del punto di osservazione, scattando foto dall’alto, foto aeree; dal basso; foto dentro le miniere, spesso a rischio della vita.

Una donna che esce dagli schemi di una vita convenzionale, sia a livello professionale che di scelte private. In un’epoca in cui la professionalità femminile era penalizzata, ha innovato il linguaggio del fotogiornalismo, dando un contributo fondamentale e ha scelto con determinazione una vita “in cui non c’è mai stato molto spazio per il matrimonio” .

Ha scritto: “Una donna che vive una vita vagabonda deve essere capace di affrontare la solitudine, deve avere una stabilità emotiva, una cosa molto più importante della stabilità economica … Ma non credo esista una vita migliore delle altre, esistono solo vite diverse”.

Con coraggio e determinazione Margareth Bourke-White

è stata una protagonista

del cambiamento e della modernità.

Nel percorso della mostra oltre 100 immagini, provenienti dall’archivio Life di New York e divise in 11 gruppi tematici – L’incanto delle acciaierie, Conca di Polvere, Life, Sguardi sulla Russia, Sul fronte dimenticato, Nei campi, L’India, Sud Africa, Voci del Sud bianco, In alto e a casa, La mia misteriosa malattia – rintracciano il filo del percorso esistenziale di Margaret Bourke-White e compongono “storie” fotografiche memorabili commentate dalla voce stessa della fotografa che, in prima persona, scrive e racconta il suo lavoro, attraverso brani tratti dalla sua autobiografia. L’esposizione rientra ne “I talenti delle donne”, un palinsesto promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano dedicato all’universo femminile.

Prima, donna. Margareth Bourke-White – a  cura di Alessandra Mauro –  dal 2 Febbraio prorogata fino al 2 giugno 2021. Milano – Palazzo Reale.