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Al Mast di Bologna: un viaggio fotografico nel mondo del lavoro

A Bologna ‘A Visual Alphabet of Industry, Work and Technology’

Al Mast di Bologna: un viaggio fotografico nel mondo del lavoro da fine ’800 a oggi 

“The MAST Collection – A Visual Alphabet of Industry, Work and Technology”, in esposizione fino al 22 maggio 2022

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Curata da Urs Stahel, è la prima esposizione di oltre 500 immagini tra fotografie, album, video, selezionate dalla collezione della Fondazione MAST.

Immagini iconiche di autori famosi sono esposte accanto alle opere di fotografi meno noti o sconosciuti e di artisti finalisti del MAST Photography Grant on Industry and Work, che testimoniano visivamente la storia del mondo industriale e del lavoro da fine ‘800 a oggi.

MAST Collection . Un patrimonio straordinario in progress

Il materiale è stato selezionato dallo straordinario patrimonio della Collezione della Fondazione MAST, unico centro di riferimento al mondo di fotografia dell’industria e del lavoro, che dispone di più di 6000 immagini e video di celebri artisti e maestri dell’obiettivo.

Oltre ad una vasta selezione di album fotografici di autori sconosciuti, cha aprono finestre inedite sulla storia del mondo del lavoro.

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Nei primi anni 2000 la Fondazione MAST ha creato questo spazio accogliendo un fondo che raccoglieva filmati, negativi su vetro e su pellicola, fotografie, album, cataloghi, che negli stabilimenti di Coesia, venivano prodotti fin dai primi del ‘900.

Poi arricchito con l’acquisizione di immagini da case d’asta, collezioni private, gallerie d’arte, fotografi ed artisti.

MAST Collection. La storia dell’industria

Emerge una storia affascinante, complessa e sfaccettata del mondo del lavoro a partire dalla seconda rivoluzione industriale di fine ‘800 per arrivare a mostrarci l’accelerazione impressa dalle tecnologie informatiche al modo di produrre e organizzare il lavoro nel nostro tempo.

Tra gli artisti in mostra ricordiamo Paola Agosti, Richard Avedon, Gabriele Basilico, Gianni Berengo Gardin, Margaret Bourke-White, Henri Cartier-Bresson, Thomas Demand, Robert Doisneau, Walker Evans, Luigi Ghirri, Mario Giacomelli, Mimmo Jodice, André Kertesz. e, poi Josef Koudelka, Dorotohea Lange, Erich Lessing, Herbert List, David Lynch, Don McCullin, Nino Migliori, Tina Modotti, Ugo Mulas, Vik Muniz, Walter Niedermayr, Helga Paris, Thomas Ruff, Sebastião Salgado, August Sanders, W. Eugene Smith, Edward Steichen, Thomas Struth, Carlo Valsecchi, Edward Weston.

Poche le donne che pure si confermano autrici di grande acutezza e sensibilità: forse i lavori di alcune di loro giacciono ancora in archivi inesplorati e vanno riscoperti e portati alla luce.

Un alfabeto visivo dalla A alla W

La mostra è strutturata in 53 capitoli dedicati ad altrettanti concetti illustrati nelle opere rappresentate e ordinati secondo un alfabeto che si snoda sulle pareti dei tre spazi espositivi (PhotoGallery, Foyer e Livello 0).

Si parte dalla A di Abandoned e Architecture e si arriva fino alla W di Waste, Water, Wealth.

L’alfabeto nasce per mettere insieme incroci tra lo sguardo lontano e quello vicino, testi e momenti dello scatto, portando l’attenzione all’interno delle opere”, spiega Urs Stahel.

Attraverso i 53 capitoli tematici si incontrano “vecchi e giovani, ricchi e poveri, sani e malati, aree industriali o villaggi operai… La fotografia documentaria incontra l’arte concettuale, gli antichi processi di sviluppo e di stampa su diverse tipologie di carta fotografica, come le stampe all’albumina, si confrontano con le ultime novità in fatto di stampe digitali e inkjet; Le immagini dominate dal bianco e nero più profondo si affiancano a rappresentazioni visive dai colori vivaci“.

 

Prosegue Urs Stahel: “I paesaggi cupi caratteristici dell’industria pesante contrastano con gli scintillanti impianti high-tech, il duro lavoro manuale e la maestria artigianale trovano il loro contrappunto negli universi digitali, nell’elaborazione automatizzata dei dati. “Alle manifestazioni di protesta contro il mercato e il crac finanziario si affiancano le testimonianze visive del fenomeno migratorio e del lavoro d’ufficio”.

Mast Collection- La fotografia e la storia: l’inventore del “maggiolino”

L’approccio cronologico è stato riservato solo alla sezione dedicata alle fasi iniziali dell’industrializzazione e della storia della fotografia a fine XIX secolo.

Emozionanti sono alcuni album fotografici, riprodotti digitalmente, che ripercorrono in modo a volte assai puntuale vicende di persone note o ignote.

Tra questi l’album che racconta la storia di Josef Ganz, padre di una delle automobili più popolari: il “maggiolino” Volkswagen.

Ma era un ingegnere ebreo e dovette fuggire dalla Germania nazista.

Il progetto venne poi completato da Ferdinand Porsche nel 1938, quando furono realizzati i primi prototipi di un’auto rivoluzionaria e alla portata di tutti.

Fotografia, figlia dell’industrializzazione.

Il parallelismo tra industria, mezzo fotografico e modernità – sottolinea Urs Stahel – produce a tratti un effetto che può disorientare. La fotografia è figlia dell’industrializzazione e al tempo stesso ne rappresenta il documento visivo più incisivo, fondendo in sé memoria e commento”.

La mostra documenta il progresso tecnologico che riguarda anche la fotografia, rappresentato oggi dai dispositivi digitali ultra leggeri, in perenne connessione, capaci di documentare, stampare e condividere istantaneamente immagini digitali e stampe 3D.

The MAST Collection

A Visual Alphabet on Industry, Work and Technology 10 febbraio – 22 maggio 2022
Da martedì a domenica, dalle 10.00 alle 19.00 – Ingresso gratuito
Fondazione MAST, via Speranza 42, Bologna .

www.mast.org