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Modigliani, il pittore maledetto: il documentario evento

Modigliani al cinema solo per 3 giorni, dal 12 al 14 ottobre.

Modigliani, il pittore maledetto: il documentario evento

Il docufilm sarà al cinema solo per 3 giorni, dal 12 al 14 ottobre.

Modigliani (1884-1920) certo lo conosciamo tutti, come dimenticare i colli lunghi ed eleganti delle donne da lui dipinte?

Eppure il docu-film, diretto da Valeria Parisi e scritto da Arianna Marelli su soggetto di Didi Gnocchi, in uscita nei cinema dal 12 al 14 ottobre a cento anni dalla morte del pittore/scultore ci appassionerà ugualmente. modigliani-il-pittore-maledetto-il-documentario-evento

Maledetto Modigliani

Infatti “Maledetto Modigliani”, prodotto da 3D Produzioni e Nexo Digital ci offre un ritratto approfondito e inedito di Modigliani, perché è proprio la voce della sua ultima e giovanissima compagna, Jeanne Hébuterne, suicidatasi subito dopo la sua morte, a raccontarcelo.

Un filo conduttore interno dunque alla vicenda, ma nello stesso tempo lucido e vibrante. Il docu-film ripercorre la breve e tormentata vita dell’artista, nato in una famiglia di origini ebraiche a Livorno, città che lascerà molto presto per Firenze, Venezia e poi Parigi, il centro della modernità e dell’arte, dove morirà.

Il pregio del film è che ne esce un’immagine più sfaccettata, che racconta una personalità colta, raffinata, innovatrice, la cui formazione italiana risente dell’influenza di Tiziano, Botticelli, Pisanello.

Ma anche un uomo capace di sentimenti profondi, ad esempio con la giovane poetessa russa Anna Achmatova e con la giornalista/poetessa e femminista inglese Beatrice Hastings, e di particolare generosità con gli amici (soprattutto con Soutine), immagine dunque che va oltre quella nota di bohémien, seduttore, alcolista, insomma di artista maledetto.

A Parigi, dove arriva ventunenne nel 1906, conoscerà Matisse, Picasso, Brancusi, Soutine, Utrillo, Max Jacob, senza aderire però mai a correnti e scuole.

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Cambierà alloggi, vivrà nella “Ruche”, nel 15° arrondissement, una struttura voluta dallo scultore Alfred Boucher, dopo l’Esposizione Universale del 1900, per ospitare gli artisti, che vi potevano vivere e lavorare (anche se in ambienti freddissimi d’inverno, caldissimi d’estate).

Dopo molto vagabondare nel 1917 incontrerà la diciannovenne Jeanne, allieva pittrice dell’Académie Colarossi, da cui avrà l’anno successivo una figlia, che si suiciderà subito dopo la sua morte, pur in attesa di un secondo figlio.

Molte le opere che possiamo vedere nel docu-film, da “La Filette en Bleu” ai ritratti, accompagnate, tra gli altri, dagli interventi di diversi studiosi e personalità della cultura, critici d’arte, scrittori, galleristi, artisti, storici dell’arte, come Marc Restellini, grande esperto di Modigliani e curatore della mostra “Modigliani – Picasso.

The Primitivist Revolution” in programma all’Albertina di Vienna, e del regista livornese Paolo Virzì.

Proprio a Livorno è allestita la grande mostra

“Modigliani e l’avventura di Montparnasse”

nel Museo della Città (fino al 16 febbraio 2020).

Nei ritratti e nei nudi (che suscitarono enorme scandalo) ci colpiscono il disegno, le linee esatte e scure, l’uso innovativo dello spazio e del colore, sempre più limpido e chiaro, luminoso.

Corpi sensuali, ma volti rigidi, occhi senza pupille,

eppure di grande impatto visivo e psicologico.

Tra le sculture (famosa la falsificazione di tre opere nel 1984 ad opera di tre giovani di Livorno) spicca il gruppo delle cariatidi (1912/14), che mostrano l’influenza su Modigliani dello scultore romeno Brancusi e dell’arte primitiva, che l’artista fuse con la tradizione classica e rinascimentale.

Vale dunque proprio la pena di non perdere l’occasione di conoscere ancora meglio uno dei maestri indiscussi dell’arte del Novecento.