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Nostalgia di Napoli, tra i vicoli del rione Sanità

Nostalgia il film con Pierfrancesco Favino presentato a Cannes

“Nostalgia”, il film di Mario Martone presentato a Cannes, è stato girato nel cuore di Napoli, tra i vicoli del rione Sanità. Dal romanzo omonimo di Ermanno Rea. Con Pierfrancesco Favino, Francesco Di Leva, Tommaso Ragno.

Nostalgia ci fa entrare nel cuore di Napoli insieme a Felice Lasco che, dopo aver vissuto per oltre quarant’anni tra il Libano e il Cairo – dove lo attende una moglie amorosa – vi torna per rivedere la vecchia madre, che non aveva più incontrato da quando, a quindici anni, aveva abbandonato la sua città.

Il regista lo pedina tra i vicoli del rione Sanità, dove man mano ritrova il suo passato e incomincia un nuovo percorso di vita. Anche attraverso il rapporto con la lingua si percepisce il senso di estraneità iniziale e il tornare alla luce di emozioni e ricordi.

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Emozioni e ricordi che si esprimono, secondo le urgenze del cuore, sia in arabo che in dialetto partenopeo, con una resa linguistica in cui l’interprete Pierfrancesco Favino si mostra maestro.

Gli incontri con Raffaele, un antico e fedele ammiratore della madre, e con don Luigi il parroco della Sanità, ispirato a padre Antonio Loffredo, che ha offerto ai giovani del quartiere nuove prospettive tramite la cultura, la musica e la boxe, gli aprono nuove possibilità di rapporti umani autentici.

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Ma, prima, Felice deve ritrovare Oreste, l’amico fraterno di un tempo, delle scorribande in moto, delle scommesse, delle corse sulla spiaggia verso il mare, quello pronto a battersi tre a uno per lui.

Deve guardarlo negli occhi, anche se ora è un pericoloso boss di camorra. A qualunque costo.

Nostalgia e amore per Napoli

L’amore per Napoli di Mario Martone e di Ermanno Rea, autore del romanzo su cui si basa il film, si percepisce in ogni inquadratura, in cui si ritrae la bellezza e il degrado di questa straordinaria città, proiettata nel Mediterraneo e ponte verso le coste africane.

Vi penetriamo in ampiezza dai vicoli al mare e in verticalità, dalle cavità sotterranee, dove si incontrano i morti di un culto partenopeo molto vivo e diffuso, alle altezze dei vecchi palazzi cui si accede da vertiginose scale a chiocciola.

Agli antipodi stanno Oreste e don Luigi. Oreste, presenza oscura e inquieta, è incarnato da Tommaso Ragno che ne comunica l’irredimibilità, personificazione di un Male che non si mostra trionfante, che sembra percepire la propria sconfitta nel confronto con Felice, ma che non sa affrontare il cambiamento.

Antagonista è don Luigi, il parroco della Sanità interpretato da Francesco Di Leva, che ha saputo ridare speranza ai giovani con una palestra di boxe in chiesa, valorizzando le catacombe, diventate un’attrazione turistica.

E creando un’orchestra in cui si esprimono i talenti dei ragazzi dei bassi, che a fatica si sottraggono alla mancanza di speranza delle famiglie dove sarebbero destinati allo spaccio di droga.

Padre Antonio Loffredo” dice l’attore “è un grande prete e un uomo straordinario, che ci ha accolti e guidati nel ventre di Napoli… Non sta mai fermo un momento – è arrivato a Cannes con un pulmino e nove ragazzi –, sa essere molto brusco, è pieno di contraddizioni (in una scena chiama Felice per la confessione e poi lo caccia), ma ascolta tutti: criminali, spacciatori, ragazzi, donne, madri.

Tra vita e morte, tra presente e passato, tra l’oscurità dei bassi e il cielo e il mare, Felice si addentra in se stesso, ritrova il filo interrotto della sua vita a Napoli e qui vuole restare, nonostante tutti gli dicano di andarsene, perché qui sono le sue radici.

Una sceneggiatura a quattro mani

Poesia, passione, paura e coraggio si esprimono nella sceneggiatura scritta a quattro mani da Martone e Ippolita Di Majo, che colgono l’essenza del romanzo, pur nell’infedeltà.

Per Favino: “Non è possibile piegare la Sanità alle regole del cinema e grazie a questo film ho scoperto una libertà espressiva che non credevo di avere».

Ciò che si racconta in questo film nasce dalla cronaca” – dice Mario Martone – “ma io volevo andare altrove, verso un sentimento misterioso da cercare durante le riprese. Mi affascinava l’idea di fare un film non in una città ma in un quartiere … Ho invitato gli attori e la troupe a immergersi nel quartiere come se fosse un labirinto e a non temere di perdersi.

Prosegue il regista: “Macchina da presa in spalla, abbiamo cominciato a percorrere le strade come se si trattasse di cinema del reale. Incontro dopo incontro, vita dopo vita, storia dopo storia, abbiamo finito per girare l’ultima scena chiedendoci quale ne era il senso, e non l’abbiamo più trovato. Forse non c’era, forse non c’è. C’è il labirinto, e c’è la nostalgia, che sono il destino di tanti, forse di tutti”.

Come nelle parole riportate in epigrafe di Pier Paolo Pasolini: “la conoscenza è nella nostalgia: chi non si perde non possiede”.

Distribuzione Medusa Film