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Parigi in sei mosse
Parigi. Una città che non ha certo bisogno di presentazioni. Tutti conoscono il Louvre, il museo d’Orsay, la Tour Eiffel. Ci sono centinaia di libri, migliaia di guide turistiche, milioni di siti web che ne parlano. E io ne farò volentieri a meno. Vi dirò solamente quello che mi ha colpito di più, nel vero senso della parola. Per un grande spettacolo protagonisti stellari (e stellati) non sono sufficienti. Ci vogliono comparse, personaggi secondari. E le comparse di Parigi in ogni altra città sarebbero state scritturate come guest star. Tralasciando Versailles e i Bateau Mouche, le altre tappe entrano a livello capillare in questa grande, bellissima metropoli. Racconto di Luca Baldacci
Versailles
Partire a visitare Parigi da una reggia che a Parigi non è, può sembrare un controsenso. Ma Versailles servirà col farvi “acclimatare” con una città che per quanto possa rinnovarsi, rimarrà sempre incastrata in una dimensione senza tempo. Una buona macchina fotografica, occhiali da sole ed un paio di comodissime scarpe da ginnastica.
Inutile indossare mocassini o ballerine, vi aspettano chilometri e chilometri di saloni, di siepi alte quanto un condominio,di sentieri ghiaiosi che si intrecciano e si dividono, simili alle scie che gli aerei lasciano in cielo.
Dal salone degli specchi, una stanza grande quasi quanto un campo da calcio ricoperta totalmente, appunto, da specchi, alle sale private del Re Sole, sentirete che la luce che filtra dalle finestre non è la stessa che maledicevate all’ingresso perché vi bruciava sul collo.
Tutto splende, tutto luccica. Le scarpe da ginnastica vi faranno comodo mentre camminerete fra chilometri di fontane sparse con calcolata casualità, di arcobaleni floreali rinchiusi in aiuole grandi quanto un campo da tennis.
Quando troverete la strada che porta all’uscita, quando rivedrete quel cancello dorato, vi prego, non fate come me. Evitate di aggrapparvici e di cominciare ad urlare che dal di lì non ve ne volete più andare.
Catacombe di Parigi
Arrete! C’est ici l’empire de la mort. Caldamente sconsigliato ai deboli di cuore, ai claustrofobici, ai bambini sotto ai dodici anni. Sconsigliato anche a chi si perde facilmente, in realtà. Non è tanto la presenza dei teschi che vi circondano, che vi guardano e che voi guarderete.
È quello che non vedete, quello che non sentite che (personalmente) da i brividi. È il concepire che dove state poggiando i piedi c’è stato del sangue che scorreva.
State attraversando Parigi passando sotto le strade, sotto i palazzi, sotto le persone che vi camminano in testa.
State passando sotto la sua pelle, attraverso le sue vene.
E vi sorprenderete nel pensare che dopotutto non è poi così male quel buio, quel silenzio. Si respira polvere, aria, certo. Ma si respira anche storia. Un’energia particolare. E di certo quando uscirete da quelle gallerie vi sarà rimasto qualcosa.
Non so esattamente cosa, ma qualcosa sì. Ma una volta fuori si ritrova il piacere della luce del sole, dello strombazzare di una macchina vicina. E guardando indietro, verso l’uscita appena attraversata, ritroverete anche il sorriso.
Bateau Mouche
Si attraversa la Senna su un battello pieno di turisti, e guardando a destra e a sinistra si vedono file e file di palazzi, la torre Eiffel, Notre Dames, il ponte di Alessandro III.
Tutto qui. Niente di più. Magari di fianco a voi siederà un cinese che vi abbaglierà con il flash della sua macchina fotografica, o forse qualche chiassosa compagnia (italiana o non).
Il rombo del motore della barca non vi farà neanche sentire la vostra stessa voce, e, a dirla tutta, c’è anche qualche insetto di troppo che vola lungo il fiume. Ma se dicessi che Notre Dames, la torre Eiffel, i palazzi di Parigi e tutto il resto scivolassero via, come se fossero loro ad essere su una nave, e voi a terra, con i piedi inchiodati al suolo?
Se provaste la sensazione di vedere un’intera città chescorre via, come il fotogramma di un film? Non perdetevi niente, neanche un mattone di quei palazzi con le imposte consumate, neanche un sorriso di quei ragazzi che vi saluteranno dalle rive della Senna.
E vi accorgerete che quel flash, quel chiasso, quegli insetti non vi daranno più così fastidio. Anzi. Saranno il vostro “pizzicotto”, la prova definitiva che in fondo non state sognando.
Pere-Laschaise
Oscar Wilde, Fryderyk Chopin, Jim Morrison, Marcel Proust. Strano quartetto. Ma non è il ritrovo tanto agognato dagli intellettuali di oggi, che si caverebbero gli occhi pur di sentire questi quattro uomini parlare del mondo, dell’uomo, della musica. Ci sono centinaia di tombe sparse tra gli alberi. O centinaia di alberi sparsi tra le tombe. Poco cambia.
Siamo a Pere-Laschaise. Ci sono strade lunghissime, scalinate silenziose, viali alberati.
È un posto che è allo stesso tempo rigoglioso e senza vita, pieno di silenzi e di rumori. C’è chi va a salutare una persona cara, chi va a trovare il suo idolo, chi semplicemente è venuto a dare un’occhiata e si è perso. Decine di statue, migliaia di fiori. Solo una voce che rimbomba tra le tombe. La stessa.
Saint Chappelle
Chi pensa a Parigi pensa subito a Notre Dame.
Al cartone della Disney, al libro di Victor Hugo, al musical. Ma a pochi viene in mente di spostarsi qualche centinaio di metri più in là. Luigi IX la fece costruire nel 1246 per custodire al suo interno niente di meno che la corona di spine posata sul capo di Gesù Cristo. Una scala a chiocciola nascosta nella roccia viva. Molto stretta. Molto angusta. Buia.
E poi, il piano superiore. Sembra sbocciare. I muri simili ai petali di un fiore. Semplicemente indescrivibile. Varrebbe poco dire che i vetri colorati riflettono la luce del sole all’interno tingendola di mille sfumature.
Non serve a nulla provare a descrivere il soffitto blu notte riempito di stelle dipinte, splendenti come quelle che le guardano da qualche migliaio di chilometri più in alto. Non aiuterebbe neanche parlare dei candelabri che infiammano gli occhi dei visitatori. Potrei solo tentare di dire che l’intera struttura, i pilastri, le mura sembrano fatti interamente di luce. E di sicuro non sarebbe abbastanza. Un consiglio? Andate a vederlo al tramonto.
Mercato delle pulci di Sant Ouen
Dalla depressione delle catacombe e del cimitero di Pere- Laschaise si passa ad una piacevole confusione. Siamo a Sant Ouen, mercato famoso nell’antichità per essere realmente infestato dalle pulci, che si annidavano tra i tappeti e i vestiti esposti. Forse le origini di questo nome affondano le loro radici proprio a Parigi.
Tra tutte le cianfrusaglie che ci si possono trovare, tra qualche oggetto di fabbricazione industriale mascherato da vera e propria reliquia recuperata da un’altra epoca, si nasconde uno spirito rimasto immutato.
Lo stesso Woody Allen nel film Midnight in Paris ha visto qualcosa di speciale in questo scorcio dell’Avenue de la Port de Clignancourt, buttandoci dentro il protagonista alla ricerca di preziosi oggetti di antiquariato. Sarete, come dicevo all’inizio, piacevolmente confusi nel trovarvi tra duemilacinquecento bancarelle piene di colori diversi, di lingue diverse, di merce diversa.
E vi assicuro che quando avrete trovato qualcosa da prendere avrete un momento di esitazione. Non tanto per la paura delle pulci. Vi chiederete se in fondo quella bici senza una ruota, quel telefono degli anni sessanta in fondo non stia meglio dove sta.
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