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Tintoretto: un ribelle a Venezia, al cinema solo per 3 giorni

Un genio furioso e rivoluzionario che ha cambiato la storia dell’arte

Tintoretto.Un ribelle a Venezia.

Il docu-film sul genio furioso e rivoluzionario che ha cambiato la storia dell’arte, ideato da Melania G. Mazzucco e narrato da Stefano Accorsi, con la partecipazione straordinaria di Peter Greenaway.

In occasione dell’anniversario dei cinquecento anni dalla nascita di Tintoretto (1518-19/1594), dopo la mostra veneziana di Palazzo Ducale appena conclusa, verrà presentato in anteprima nei cinema italiani da Nexo Digital, il 25-26-27 Febbraio, il docu-film “Tintoretto, un ribelle a Venezia”.Tintoretto_ribelle_Venezia

Il genio furioso e rivoluzionario che ha cambiato la storia dell’arte”; si tratta di una produzione internazionale (il film sarà distribuito in diversi Paesi) di Sky Arte, ideata dalla scrittrice Melania G. Mazzucco, studiosa di Tintoretto, con la partecipazione di Peter Greenaway, narrata da Stefano Accorsi.

Già dal titolo si evidenzia la singolarità di quello che viene considerato dalla critica il pittore più innovativo in ambito veneziano rinascimentale; J. P. Sartre ne ha sottolineato l’approccio cinematografico, definendolo “il primo regista della storia” e David Bowie, che aveva acquistato un suo dipinto, ha detto: “Ha costruito la sua carriera come una proto-rock star”.

A partire dal ‘600 molto si è parlato della personalità di Tintoretto e delle sue opere, questo docu-film in qualche modo ribalta la visione affermatasi e consolidatasi nel tempo e fa propria la critica che negli ultimi vent’anni ha dato una nuova lettura dell’artista,  non più “ombra” di Tiziano e Veronese, ma vero protagonista, innovatore e sperimentatore, che infonde energia e dinamismo spaziale alle sue realizzazioni.

Il docu-film, grazie anche alle spettacolari immagini scattate dai droni, ne racconta in modo avvincente la vita e le opere. Sky Arte lo proporrà alle scuole e ha realizzato, come iniziativa collaterale, una graphic novel dallo stesso titolo – sceneggiatura di A. Bonanni, disegni di G. Veronesi e M. Bellisario – che uscirà ai primi di marzo, ha inoltre promosso e finanziato il restauro, visibile nel film, di due grandi opere di Tintoretto, databili 1582/83, della Sala Terrena della Scuola Grande di San Rocco, “Maria in lettura” e “Maria in meditazione”, precedentemente nominate “Santa Maria Egiziaca” e “Santa Maria Maddalena”.

Numerosissime sono le opere di cui si parla nel docu-film, tra cui “San Marco libera lo schiavo” (1547/48 Venezia, Gallerie dell’Accademia), dove in primo piano vi è il corpo dello schiavo.

La luce illumina con violenza la scena e i personaggi – sottolineando la fisicità dei corpi, i colori accesi, lo sbigottimento dei carnefici, la paura dei soldati, il terrore della folla. “La presentazione della Vergine al Tempio” (1552/53 Venezia, Madonna dell’Orto) è un esempio di opera al femminile, secondo la Mazzucco, dato il numero di figure di donne; nella figura della bambina in primo piano sarebbe riconoscibile Marietta, la amatissima figlia del pittore, morta giovane.

Durante la sua vita Tintoretto svolge anche attività di decoratore di mobili e di ritrattista di personaggi famosi e potenti di cui mette in rilievo con sapienza gli aspetti fisici e psicologici.

Veramente impressionante è la mole delle sue opere, più di trecento, molte delle quali di dimensioni monumentali; al figlio Domenico, il più affermato, lascerà nel testamento l’incarico di terminare le ultime.

A Venezia, città cosmopolita e vivacissima, studia le opere di Michelangelo e Raffaello, entra in contatto con vari artisti, tra cui Vasari e Veronese, e con l’élite intellettuale del tempo, in particolare con il letterato Pietro l’Aretino, il personaggio più influente della città, che appoggerà, solo inizialmente Tintoretto, per la rivalità professionale e personale con Tiziano, che non vedeva di buon occhio il modo e la rapidità con cui il giovane Tintoretto si affermava.

Tintoretto conosce le opere di Tiziano, vuole però accentuare le distanze presentandosi come il pittore di Venezia, dei suoi cittadini, sia potenti ma soprattutto umili (artigiani, operai, poveri).

Non lascerà mai Venezia, se non per brevi periodi –, persino durante i terribili anni della peste (1575/77), continuerà a lavorare per la sua città. La “Erezione del serpente di bronzo” (1576) vede proprio Mosè indicare al suo popolo il serpente, che simboleggia la guarigione dalle malattie.

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San Rocco risana gli appestati-Tintoretto

Aveva già dipinto nel 1549 per la chiesa di San Rocco una grande tela “San Rocco risana gli appestati”, dove la luce rompe l’oscurità del lazzaretto, mette in risalto la sofferenza degli infermi.

Ma l’impresa più grandiosa di Tintoretto, a cui si dedicherà per quasi un quarto di secolo, sarà il ciclo per la Scuola Grande di San Rocco, unico artista all’epoca a decorare per intero un intero edificio.

Le Scuole Grandi di Venezia, confraternite sorte allo scopo d assistere i bisognosi, erano in realtà centri di potere, presso cui gli artisti cercavano di accreditarsi.

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Tintoretto, spinto dal desiderio di affermarsi e da una sentita fede religiosa, diventerà confratello della Scuola Grande di San Rocco nel 1565.

Entrerà in competizione (oggi diremmo slealmente) anche con il Veronese per l’”Assunta” della chiesa dei Crociferi, oggi dei Gesuiti; produrrà a ritmi sempre più serrati, non sarà solo il pittore “religioso” della Serenissima, ma anche il pittore della Repubblica producendo opere di intento celebrativo, come la “Battaglia di Lepanto” per Palazzo Ducale (distrutta nell’incendio del 1577), dove sono protagoniste le grandi masse.

Nell’”Ultima Cena” (1592/94, Venezia San Giorgio Maggiore), la lunga tavola dilata lo spazio e le due uniche fonti di luce, l’aureola di Gesù e la lucerna del soffitto, bastano a farci ammirare episodi secondari, ma realistici e popolareschi.

Nelle sue opere sono riconoscibili la chiarezza narrativa del messaggio, la teatralità delle scene, la profonda religiosità, le doti innovative anche tecniche (gli sfondi scuri per accentuare la profondità), ma soprattutto, mosso da un impeto “furioso” e “terribile”, usa magistralmente luci ed ombre suscitando emozioni e coinvolgendo lo spettatore.