Sessuologia

Vivo in un corpo non mio

Vivere nella pelle che non è la propria, parafrasando il titolo del film La piel que habito di Pedro Aldomòvar, dove viene mirabilmente descritto il dolore di una persona che ha un corpo e genitali che non sente suoi, significa che il soggetto non si riconosce nello sguardo degli altri e nei sentimenti che prova. Lo specchio gli rimanda una totale estraneità con l’immagine riflessa. Parliamo di transgener, da non confondere con i travestiti che spesso sottolineano ed esaltano le caratteristiche fisiche della femminilità con un’esagerazione del trucco, con l’esibizione di un seno ‘rifatto’ prosperoso, con provocazioni eccitanti nella maggior parte dei casi a scopo sessuale, mercenario o per giochi privati.La-pelle-che-abito-2011-Pedro-Almodovar-05Il transgener (vedi ancora opere cinematografiche come Transamerica e il recentissimo Danish Girl, del quale potete leggere in sensidelviaggio la recensione e gustarvi il video) conduce una vita e occupa posizioni professionali ‘nella norma’ e l’orientamento sessuale è indipendente dal Disturbo d’identità di genere che molti pazienti considerano un vero e proprio handicap ricevuto dalla nascita. Ut_HKthATH4eww8X4xMDoxOjA4MTsiGN

Dunque la sessualità è un fatto fisico-genitale o psicologico? Scrive Ottavio Rosati: “Tra le varie convinzioni che il teatro di Pirandello mette in forse, figura, anche se non al primo posto, quella dell’identità sessuale a tutto tondo di un soggetto, che appare spesso incoerente e posta in discussione. Per l’Agrigentino la sessualità è un fatto psicologico, non è più e solo un dato anagrafico e biologico certo e inequivocabile, in quanto costituisce l’esito rischioso di un processo interpersonale e intrapersonale.
 Potremmo prendere a prestito la categoria di sessuazione che nel codice del pensiero lacaniano ha indicato il processo non lineare di identificazione di un soggetto alle insegne del proprio sesso. La sessuazione in questa ottica non coincide col sesso né con la sessualità”.677518_1280x720

Anche in Italia, si è già preso coscienza – da molti anni – di questa realtà e, mentre il Disegno di Legge sulla Disciplina delle coppie di fatto e delle unioni civili è ancora in discussione al Senato, la Legge 164 riconosce dal 1982 il percorso dei transgener. La legge prevede che, a seguito di domanda di rettificazione di attribuzione di sesso, il giudice istruttore disponga l’acquisizione di consulenza intesa ad accertare le condizioni ‘psico-sessuali’ dell’interessato. Con la sentenza ordina la rettificazione anagrafica, qualora risulti necessario un adeguamento dei caratteri sessuali da realizzare mediante trattamento medico-chirurgico, concede l’autorizzazione necessaria.Transformation

“Al di là dei suoi limiti, questa legge apre un capitolo nuovo in relazione al senso delle terapie che vengono effettuate in caso di transessualismo: non ha più senso oggi parlare di terapie dissuasive o di terapie per ristrutturare l’identità; è necessario, al contrario, ipotizzare una nuova terapia che permetta all’individuo di affrontare l’iter con meno sofferenza emotiva possibile”. Scrivono A.Fenilli e C.Volpi nella Rivista di Sessuologia del Centro Italiano di Sessuologia. “Nei pazienti transessuali il cambiamento del corpo, che è l’unica possibilità di trovare una coerenza fra soma ed identità sessuale, è ciò di cui si parla in terapia sin dalla prima seduta. La terapia, che molto spesso è considerata solo una parte di un lungo e fastidioso iter burocratico da seguire per ottenere l’autorizzazione all’intervento chirurgico, non è vissuta né come possibilità di cambiamento, né come possibilità di risoluzione di una sofferenza: il setting terapeutico non è il luogo deputato alla risoluzione, i luoghi deputati a ciò sono la camera operatoria ed in primis il tribunale. Il corpo transessuale è un corpo sconosciuto, odiato, temuto, negato ed evitato ed è comunque di quel corpo che si parla in terapia, quel corpo così poco corrispondente all’identità percepita”.conchita_wurst_orf_06_orf_by_thomas_ramstorfer

Il compito del terapeuta è quello di guidare il paziente alla scoperta del mondo sessuale inesplorato, costruendo con lui la parte del mondo e di sé che rappresenta l’altra faccia della luna: ciò che si sa che esiste ma a cui non si è mai potuto avere accesso. La conoscenza quindi di ciò che si può essere. Inoltre viene demitizzato l’intervento. Solo quando l’operazione chirurgica non rappresenterà più l’unica e immediata soluzione, si potrà partire per l’esplorazione di un mondo che può prevedere soluzioni diverse. È possibile che l’intervento di adeguamento somatico possa perdere il valore di soluzione del problema pur rimanendo nei progetti del paziente.

Assistente psicologa, direttore di psicodramma moreniano e counselor in sessuologia clinica di FISS (Federazione Italiana di Sessuologia Scientifica), è giornalista professionista nell’area del benessere psico-fisico. E’ esperta in consulenze su difficoltà individuali e di coppia riferite a disturbi psico-sessuali o a problemi relazionali.