“La nostra terra”: inquadrature come quadri
“La nostra terra” di Dorota Kobiela e Hugh Welchman – Nei cinema nei giorni 2-3-4 dicembre con Wanted
“La nostra terra” di Dorota Kobiela e Hugh Welchman rielabora il romanzo The Peasants di Władysław Reymont, premio Nobel per la letteratura nel 1924, usando il rotoscopio, una particolare tecnica di rielaborazione del girato, già utilizzata in Loving Vincent (2016).
Il successo di questo film ha spinto i coniugi Welchman a utilizzare la stessa tecnica per il romanzo di Reymont, molto famoso in patria, un grande affresco sul mondo contadino polacco dell’800.
Il risultato è uno straordinario film pittorico in cui le inquadrature realizzate con gli attori si trasformano in tavole ridisegnate e dipinte con esiti di grande suggestione: i fotogramma sono stati ridipinti uno per uno in post-produzione.
Jagna, tra voglia di vivere e desiderio maschile
Al centro della vicenda è Jagna, che vive serena con la madre, curando gli animali e realizzando dedicati e artistici ritagli di carta.
Ma la sua eccezionale bellezza la mette al centro dell’attenzione e dei pettegolezzi del paese. Sono attratti da lei sia il vecchio Bolyna, il più ricco contadino del villaggio, rimasto vedovo da poco, che suo figlio Antek, che trascura la moglie e i due figli per intrecciare con Jagna amori clandestini.
Le regole di vita del villaggio impongono a Jagna di accasarsi con il vecchio proprietario, scatenando la gelosia di Antek e l’ostilità preconcetta e superstiziosa dei paesani, che non le perdonano il suo fascino e il suo desiderio di vita e di piacere.
Il taglio del bosco deciso dal nuovo proprietario, sottraendolo agli usi della comunità, scatena la rivolta dei contadini e negli scontri Bolyna viene gravemente ferito. La frustrazione e la rabbia senza sbocco dei paesani si rivolgono contro Jagna, rimasta vedova e senza protezione…
Il film racconta dinamiche universali, tensioni e disagi profondi che attraversano anche oggi persone e comunità, che, come allora, si sentono abbandonate ed esplodono in azioni selvagge di caccia al capro espiatorio di turno: Jagna, una donna che si dimostra troppo libera rispetto alla morale cupa e maschilista, non ancora morta.
“La nostra terra”: ispirazioni visive e resa pittorica
La vicenda si dipana lungo le stagioni, dividendo il film in 4 capitoli che seguono le fasi della vita della campagna. Le tradizioni e i costumi popolari sono descritti con straordinaria vivacità e precisione antropologica, come nella sequenza centrale del matrimonio.
Il film traspone in immagini di potenza visiva le descrizioni di realismo magico di Reymont. Lo scrittore apparteneva al movimento della Giovane Polonia che comprendeva diverse arti e stili e intendeva esprimere l’identità della cultura polacca all’epoca occupata da imperi stranieri.
I registi si sono ispirati alle opere dei pittori a olio polacchi del suo tempo, combinandole con le tecniche cinematografiche e di animazione del 21° secolo, con il contributo di Piotr Dominak, già responsabile della pittura in Loving Vincent.
Le luci e i colori sono resi con mille sfumature e suggestioni.
La terra e il ritmo delle stagioni
“La nostra terra” mostra le forze più profonde che muovono gli esseri umani e le società, sempre le stesse nel tempo: l’erotismo, l’aspirazione alla libertà, il senso di appartenenza a una comunità, lo scontro tra generazioni, la lotta per il potere e per il denaro, la reazione di fronte alla sconfitta e la ricerca di un capro espiatorio.
Al centro di tutto c’è la terra, da cui nasce la vita, che dà e toglie, vivifica e annienta, che con i suoi cicli va ben al di là della fragilità della vita umana.
Le grandi descrizioni di Reymont sono il fondamento di immagini straordinariamente suggestive, cui si affianca l’efficacia coinvolgente delle sequenze di musica e di ballo, firmate dal compositore Łukasz “L.U.C” Rostkowski.
Ogni fotogramma delle sequenze di balli e battaglie ha richiesto il doppio del tempo per dare realismo e dinamismo ai movimenti. In questo tripudio di immagini e suoni, la parola appare fin troppo esigua, rispetto alle 1000 pagine del romanzo.
La donna
Al centro del film sta Jagna, che manifesta con tutto il suo essere la volontà di autodeterminazione che il sistema patriarcarle, sostenuto proprio dalle donne del villaggio, non tollera.
Il suo volto, i capelli, il corpo, l’energia che scatena nel ballo illuminano il film e mostrano le radici dell’antica, e sempre attuale, lotta delle donne per affermare se stesse.
La regista Dorota Kobiela osserva: “Come donna, anch’io ho provato tante volte nella mia vita attenzioni indesiderate e tentativi di manipolazione. All’inizio è invidiata e fraintesa, poi maltrattata e insultata, infine emarginata: per essere bella, per essere sognatrice e artistica, per essere appassionata e, soprattutto, per mettere in discussione il patriarcato sostenuto anche dalla chiesa. Lei desidera più di quanto la vita possa offrirle nel suo villaggio.”
Nel drammatico finale una pioggia salvifica scende sul volto di Jagna e sui suoi occhi spalancati.