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Gustav Klimt: curiosità e aneddoti sul grande artista viennese

Opera d’arte totale che integra pittura, architettura e arti applicate

Gustav Klimt (Vienna 1862 – 1918) è tra gli artisti secessionisti viennesi che hanno coltivato il mito dell’opera d’arte totale in cui integrare pittura, architettura e le arti applicate, come i gioielli di Hoffmann ispirati alle sue opere e i modelli esclusivi di abiti disegnati con la compagna Emilie Flöge.

Famosa è l’attività pittorica di Klimt: tutti conoscono Il Bacio, L’Albero della vita, Giuditta, Ritratto di Adele Bloch-Bauer, opere in cui ha dipinto figure femminili indimenticabili immerse nell’oro, suo tratto distintivo.

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L’artista, dal temperamento polemico e provocatorio, si contraddistingue per la straordinaria eleganza e la sensualità delle sue figure, per la preziosità del colore, per le atmosfere rarefatte e fuori dal tempo.

I suoi dipinti onirici e simbolici nascono nella Vienna di fine Ottocento, crogiolo di idee innovatrici nel campo delle scienze, della filosofia, della psicanalisi, dell’arte, dell’architettura, del proto-design, della musica e della cultura in generale.

Molte sono le curiosità e gli aneddoti che collegano le opere di Klimt a vari aspetti della della vita della Mitteleuropa.

L’incredibile perfezionismo testimoniato dal ritratto di Elisabeth Bachofen-Echt

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Elisabeth Bachofen-Echt

Perfezionista leggendario, Klimt lavorò per tre anni al Ritratto di Elisabeth Bachofen-Echt, figlia di una sua importante mecenate, costringendola a posare più e più volte per prendere schizzi della ragazza in diverse pose.

Elisabeth contribuiva a prolungare la continua rielaborazione esprimendo critiche sia sulle posizioni che sugli abiti indossati, creando tensione con l’artista.

All’apice di una discussione, Klimt sbottò: “dipingo una ragazza come mi pare e piace e basta!” Ma Elisabeth Bachofen-Echt non cedeva e dopo tre anni stanca di pose, si appropriò del quadro ancora sul cavalletto e lo espose in salotto.

Quando Klimt lo vide pare che commentasse di cattivo umore: “Non le assomiglia per nulla”. Ciononostante gli venne commissionato anche il ritratto della madre, Charlotte Pulitzer.

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Gustav Klimt: il tema della speranza minacciata

Mizzi Zimmermann, modella e amante di Klimt, gli ispirò il motivo della donna in gravidanza, ricorrente in diversi lavori di Klmt, come L’attesa.

Mentre dipingeva Speranza I, improvvisamente morì Otto, il figlioletto di appena un anno, nato dalla relazione con Mizzi.

Questo evento lo portò a introdurre nel quadro, dietro alla donna incinta, una pezza di tessuto blu intessuta di fili d’oro e a popolare lo sfondo di figure inquietanti: il gigante Typhon, volti ghignanti delle sue figlie che guardano la donna e minacciano malattia, morte, follia, voluttà, impudicizia, dolore.

Per la potenza e i contrasti insiti nell’opera, il proprietario del quadro, Fritz Waerndorfer, la conservava in uno scrigno apposito, che apriva solo quando voleva mostrarla a ospiti selezionati.

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I Fakultätsbilder dell’Università di Vienna.

Tra le opere di Klimt che suscitarono reazioni appassionate si annoverano i Fakultätsbilder, pannelli illustrativi realizzati per l’Università di Vienna.

Uno dei bozzetti del ciclo allegorico raffigurava la Filosofia: nella parte inferiore, un giovane appare profondamente immerso nei propri pensieri, circondato da coppie strette in sensuali abbracci.

Al rettore dell’università sembrò che il ragazzo non pensasse alla filosofia, ma piuttosto si domandasse come nascano i bambini!

L’oro del Ritratto di Adele Bloch-Bauer

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Nel 1908, Klimt aveva partecipato alla prima Kunstschau con diverse opere tra cui Il bacio, immediatamente acquisito dalla Galleria del Belvedere, ma il pittore non fu risparmiato dalle critiche.

Le recensioni sul Ritratto di Adele Bloch-Bauer I, oggi uno dei dipinti più preziosi al mondo, sostenevano che l’impiego esteso dell’oro aveva avuto come risultato “mehr Blech als Bloch”, un gioco di parole in tedesco tra Blech = latta e il cognome della donna raffigurata,

Il viaggio in Italia

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Gustav Klimt non viaggiava volentieri, preferiva starsene a Vienna o sull’Attersee nel Salzkammergut, dove trascorreva le estati.

Nel 1903 viaggiò in Italia. Parco di commenti, a Ravenna si limitò a rilevare “tanta miseria” accanto a “mosaici di splendore inaudito”.

Di Firenze nelle lettere, dopo un accenno al tempo pessimo, dichiara “Impressioni artistiche molto forti.” Per rielaborare nel linguaggio più suo l’ispirazione degli antichi maestri della tradizione italiana, e non solo, preferiva lo studio delle loro opere reperibili nelle collezioni viennesi.

Così per Velasquez, di cui ebbe a dire con una certa ironia: “Esistono solo due pittori: Velázquez e io.”

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