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Havana Melody: amore e violenza

La tragedia ‘infinita’ della violenza sulle donne è raccontata nel romanzo Havana Melody dai protagonisti (Altromondo Editore e anche pagina su fb di C.Bettelli Lelio).

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Ecco un breve estratto:

20141202-aids-logo«Sì, ti avevo detto che mi ero sposata a San Paolo. Vivevo in quella città già da prima, dove insegnavo e facevo ricerche etnografiche: una delle metropoli più multiculturali e popolose del mondo, dopo Shanghai e Mumbai, ideale per la mia specialità. E, comunque, mi sono fermata perché così doveva essere: dopo esserci andata più di una volta a trovare degli amici. La mia migliore amica in assoluto, Sonia, ha studiato design a Milano dove l’ho conosciuta, poi è tornata in Brasile, nel suo Paese d’origine. Insomma mi sono sentita a casa, tu puoi capirmi, mi piacevano i dintorni e ho conosciuto lui, affascinante chirurgo plastico, correndo la domenica mattina nel parco di Ibirapuera. Ci siamo innamorati e sposati. Tutto benissimo i primi tempi, inutile raccontarli perché sono simili a tutti gli inizi delle storie d’amore, e la sua casa, dove abitavamo, era splendida, in un grattacielo tutto vetrate. Uno dei momenti di relax che preferivo, tornando sempre per prima dal lavoro, lo trascorrevo da sola, osservando le nuvole che cambiavano forma e colore in quella parete a tutto cielo. Un cielo enorme. Poi, quasi all’improvviso, è arrivato l’inferno. Mio marito è diventato geloso e manesco. Sempre di più, sempre peggio. Cominciò a cambiare il suo comportamento con me: all’inizio mi aggredì solo verbalmente, criticandomi per un nonnulla. Frasi tipo: Hai finito di leggere quei giornali idioti, vuoi ascoltarmi? Non puoi sfogliarli quando non ci sono? Lavoro molto più io di te. Oppure: Truccarti così per andare a insegnare? Vuoi farti qualche allievo? Erano all’ordine del giorno. Ero esterefatta, lui si scusava e per un po’ tutto tornava tranquillo.»

20141202-aids-logoMio marito continuò le aggressioni con il sesso, costringendomi ad avere rapporti anche quando non mi sentivo in vena, o stavo male, e in un modo che non mi piaceva più, con molta rabbia. Si usciva sempre di meno e sempre di meno si vedevano gli amici. Sembrava che volesse isolarmi per potermi sorvegliare meglio e farmi diventare una creatura sua. Poi iniziò il controllo: lo trovavo fuori dall’Università e, se parlavo con un collega o uno studente, gli interrogatori non avevano fine.o-VIOLENZA-DONNE-facebook
20141202-aids-logoL’escalation della sua persecuzione domestica arrivò alla violenza fisica. Mi stava strappando letteralmente l’amore dal cuore. Tornavo a casa con mezz’ora di ritardo, considera poi che a San Paolo il caos è totale, nessuno può rispettare gli orari e Otavio ne era perfettamente consapevole, lui si avvicinava come per abbracciarmi, invece mi stringeva la gola, sino a quasi soffocarmi, mi buttava per terra e mi prendeva a calci. Ero terrorizzata: ogni mattina e ogni sera vivevo un incubo, non riuscivo più a lavorare e a gestire il mio tempo normalmente, senza rispetto per me stessa. Non sapevo come fare per nascondere i lividi e per inventare scuse su chi mi faceva domande. violenza-sulle

20141202-aids-logoArrivati al piano terreno io risalgo in casa perché ho dimenticato le chiavi della macchina.
«Arrivo subito, aspettami qui nell’atrio, senza stare a salire di nuovo.» Bruna, invece, decide di attendermi fuori dal portone per vedere se piove ancora.
Appena lo apre, di colpo viene investita da un’ombra: è Otavio che la spinge con forza indietro e s’infila dentro l’ingresso. Per un attimo si era dimenticata di quel pericolo…
Senza una parola le va addosso e la prende a sberle, a pugni nello stomaco e a calci in pancia con un’ira spaventosa, colpendola violentemente anche in pieno viso, come se desiderasse sfregiarla. Poi la getta a terra, la prende ancora a calci, le schiaccia i piedi camminandole addosso e la stringe al collo, gridandole, incurante di essere udito da eventuali inquilini di passaggio: «Se non torni con me ti strangolo, io ti preferisco morta. Sei mia, hai capito?»
Bruna, con il viso oramai completamente insanguinato, non vede quasi più nulla, barcolla ma riesce a divincolarsi trovando la forza di reagire, graffiandogli un occhio e la guancia.
Scappa, apre di nuovo il portone che era rimasto socchiuso e si getta in strada, ma nella fuga rapida e con la vista offuscata, inciampa, scivola, cade a corpo morto e sbatte la testa violentemente contro il marciapiede. Rimane immobile. Otavio la raggiunge e continua a percuoterla con rabbia, mentre lei è priva di sensi. Io arrivo in quel momento – l’aggressione è durata in tutto pochi minuti – e urlo come un animale ferito. Bettelli_librerie-01