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Wolfkin: meglio essere lupi?

Wolfkin: meglio essere lupi?

Wolfkin, di Jacques Molitor  – nelle sale dal 24 agosto

Wolfkin,  del regista lussemburghese Jacques Molitor, è un’originale rivisitazione di una figura archetipica del  fantasy/horror: il lupo mannaro, che con il vampiro e il mostro di Frankenstein conosciamo attraverso  le pagine di molti romanzi e fumetti e le inquadrature di tanti film, assumendo di volta in volta forme e suggestioni diverse.

Qui lo incontriamo attraverso il rapporto che lega una madre e  un figlio,  fragile e inquieto che, come tutti i ragazzi della sua età, cerca la propria identità. Elaine è legatissima a Martin, che ha allevato da sola essendo stata abbandonata  da Patrick, il padre,  non appena saputo della gravidanza.

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Segnali inquietanti la mettono in allarme e la turbano: Martin aggredisce i compagni e  morde…

Elaine, madre single che  deve conciliare il lavoro e le sue relazioni con la cura del figlio, decide di portarlo a conoscere i nonni  paterni. Da Bruxelles si reca in Lussemburgo, nel cuore ricco e ombroso dell’Europa.

Il rifugio nella casa di famiglia

Vengono accolti con affetto dai nonni e ospitati nella lussuosa magione, dove incontrano anche lo zio di Martin, sua moglie in attesa di un figlio e la rigida governante di casa. Si percepisce qualcosa di torbido e inquietante  nell’accogliente dimora  e nei modi educati e affabili di tutti (o quasi).

Attraverso segni oscuri e perturbanti emerge  la vera natura della famiglia e di Martin.

Elaine si dovrà chiedere ben presto se è questo il luogo adatto dove far cresce suo figlio oppure no. E dovrà prendere una decisione, a prezzo di un enorme sacrificio.

Il cuore di tenebra dell’Europa

Il regista ambienta la sua storia nella regione della Mosella e mostra, sotto l’apparente calma e armonia della vita della provincia, le paure e le nefandezze che si è pronti a compiere pur  di mantenere intatto questo equilibrio di superficie, sotto cui sobbolle l’unità inestricabile e misteriosa di natura e umanità, di oppressione per gli altri e libertà per se stessi, di amore e sacrificio.

Nella natura, nel bosco che attornia la villa avvengono gli incontri e gli scontri, le esperienze che contano: l’amore tra Elaine e Patrick, la caccia, lo scontro tra fratelli, la nuova vita che sceglie Elaine per sé e per Martin, che infine lascia libero di essere quello che si sente di essere.

Wolfkin: la normalizzazione crudele

Tra natura e società, si inserisce la medicina che, senza porsi dubbi,  tende a normalizzare le “diversità”, come per tanto tempo ha fatto la psichiatria: l’antropofagia è la cura che permette di mantenere un’apparenza umana alla famiglia di licantropi, che difende  un conformismo da privilegiati.

E allora nel bosco la cacciagione non è costituita dagli animali, ma dagli esclusi.

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Jacques Molitor fa rivivere con  intensità e in modo innovativo uno dei miti gotici più misteriosi e  lo fonde  con riferimenti alla realtà del nostro tempo, esprimendo una critica sociale e morale tagliente all’opulento cuore dell’Europa, che si crogiola nei propri privilegi e considera i “clandestini” che tentano in ogni modo di superare le frontiere, a loro precluse, letteralmente come  “carne da macello”.

 Il dilemma di Martin e di Elaine

Martin  deve trovare la sua strada e scegliere (come  un tempo ha fatto Patrick,  il padre assente) chi vuole essere, tenendo conto soprattutto di se stesso, trovando faticosamente il proprio posto nel mondo,  che non è per nulla accogliente.

Deve accettare la protezione dei nonni, che col nipote compensano la mancanza del figlio  fuggito; oppure  seguire il proprio istinto?

Reprimere  la propria natura o coltivarla? Correre il rischio di vivere i propri impulsi o negarli e alienarsi a se stesso? E che rapporto avere con gli altri?

Il dilemma è posto a una madre e a un figlio preadolescente che cresce e come tutti i ragazzi della sua età si sente diverso da tutti (ma lui è ancora più “diverso”) e cerca di  conoscere se stesso.

Elaine deve scegliere, per sé e per Martin, tra ipocrisia e autenticità, tra civiltà e ritorno alla natura, tra egoismo e libertà. Il prezzo  che deve pagare è alto in ogni caso.

La guida l’amore vero: non desiderio di possesso, ma accettazione dell’altro.

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Wolfkin: un horror psicologico

Molitor ha girato nel 2021, ancora in tempo di restrizioni Covid, affrontando notevoli sfide  per girare scene complesse dal vivo e con la luce naturale. Il risultato si vede nell’efficace atmosfera del film, cui contribuisce anche la musica originale di Daniel Offermann.

Da segnalare  le interpretazioni di Louise Manteau nei panni di Elaine, donna indipendente, consapevole e tormentata,  e di Victor Dieu al suo primo film,  che esprime con intensità l’intreccio di innocenza e aggressività di Martin.

Wolfkin, di Jacques Molitor, con Louise Manteau, Victor Dieu, nelle sale dal 24 luglio –http://www.satinefilmdistribuzione.com/