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Una donna promettente: due, tante donne promettenti

Una donna promettente: un film che farà discutere

«Una donna promettente», di Emerald Fennell, con Carey Mulligan, nei cinema il 24 giugno

La “donna promettente” è Cassie che lavora in una caffetteria dopo aver abbandonato gli studi di medicina, pur essendo una studentessa brillante.

Abita coi genitori piuttosto preoccupati per il suo futuro e per le notti che passa fuori, non si sa dove.

È attraverso il suo sguardo che ci viene proposto il mondo in cui vive: la prima inquadratura mostra attraverso i suoi occhi un gruppo di uomini che ballano, corpi sgraziati e fuori forma, ma disinvolti e pieni di sé, che non sanno capire chi è davvero la donna che uno di loro presto avrà di fronte.

Cassie sembra del tutto ubriaca e si lascia abbordare per poi mettere a nudo il desiderio maschile di possederla, indipendentemente dalla sua consapevolezza e dal suo consenso.

Non sono mostri gli uomini che ci cascano, sono solo pervasi da una cultura maschilista che neanche considera il desiderio e la volontà della donna, che è solo un corpo da conquistare e godere.

E lei li punisce, forse li spinge a pensare…

Perché Cassie si comporta così?

Perché un’altra “donna promettente”, la sua amica del cuore Nina, la migliore del corso di medicina non c’è più.

E’ stata sommersa da una violenza subita in ubriachezza, ma soprattutto dalla mancanza di solidarietà femminile, dal pregiudizio che ha protetto i “giovani maschi promettenti” che avevano approfittato di lei, sostenendo che fosse consenziente.

Sono fatti che si ripetono spesso, ovunque. Poiché lo stupro è ancora oggi un crimine in cui è la vittima a essere messa sotto accusa per il suo comportamento, anche pregresso.

Una donna promettente

Allora il titolo del film, il primo di Emerald Fennell, attrice in The Crown, che per la sceneggiatura ha ottenuto l’Oscar 2021, assume un significato più vasto: non si riferisce solo alla protagonista, ma mette in relazione la violenza con le giovani vite coinvolte, quello che erano prima e saranno o potrebbero essere dopo.

Perché c’è chi vive e si realizza e chi muore e svanisce.

Ma per Cassie Nina è sempre presente, è nella medaglia che porta al collo, una mezza mela con inciso il nome dell’amica. Il suo dramma resta irrisolto e la imprigiona, la costringe a cercare ripetutamente una giustizia che non c’è stata.

Neanche l’incontro con Ryan, ex compagno del college, che la corteggia con delicatezza e discrezione, l’aiuta a chiudere i conti con il passato.

Carey Mulligan, che avrebbe meritato l’Oscar per l’interpretazione, ha amato del film, di cui è anche produttrice con Margot Robbie, il “senso di solidarietà femminile che trasmette e al contempo il disprezzo per tutti coloro che considerano il corpo femminile come qualcosa da usare e conquistare.”

Il cinema e il #MeToo

Presentato al Sundance nel gennaio 2020, il film affronta un tema decisamente attuale, criticando una società retta da principi di potere paternalisti e maschilisti, come anche il mondo del cinema.

Non molti film affrontano questo tema.

Nel 1988, Jodie Foster ottenne l’Oscar per “Sotto accusa” di Jonathan Kaplan, dove si racconta il processo a coloro che avevano assistito e incitato lo stupro, con complicità maschilista.

Altri film hanno posto al centro la rivalsa femminile, con la vittima che si trasforma in vendicatrice.

Eroina e regista della propria vendetta

Così Cassie, rinuncia a vivere, imprigionata nel ruolo di figlia, rifiuta la sessualità, la possibilità di costruire una relazione, concentrandosi sulla mancanza dell’amica, che non riesce a rielaborare.

La sola via d’uscita che vede di fronte a sé, soprattutto quando ricompaiono i fantasmi del passato, è la vendetta, cruenta solo sul piano psicologico.

E non sono solo maschi i responsabili: tra di essi ci sono anche un’amica e la preside del college che non hanno creduto a Nina, che l’hanno lasciata sola.

Unico a chiedere perdono è l’avvocato specialista nella ricerca di “fango” da gettare sulle vittime per screditarle. Ed è anche l’unico che offre Cassie l’occasione di dire una parola di perdono.

Ma se la madre di Nina invita Cassie ad andare avanti, il passato in cui si è rinchiusa ha costruito un bozzolo intorno a lei, da cui è arduo uscire.

Senza solidarietà e giustizia, Cassie cerca la vendetta, autodistruggendosi 

La regista ha saputo inanellare efficaci colpi di scena, da godersi al cinema momento per momento.

Girato in appena 23 giorni, puntando su colori saturi e una colonna sonora pop-indie, il film mescola scene da commedia agro-dolce al thriller, con una tesi precisa da dimostrare: per la regista e sceneggiatrice Fennell lo stupro nasce da una responsabilità collettiva, contamina tutti o quasi i personaggi maschili, senza possibilità di redenzione.

D’altra parte la mancanza di giustizia lascia aperta la piaga prodotta dalla violenza: troppo a lungo lo stupro è rimasto un crimine difficile da denunciare.

Nessuna Nina deve essere più lasciata sola.

Distribuzione in italiano: www.universalpictures.it