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MASI Lugano: 300 capolavori dell’arte grafica

Da Albrecht Dürer a Andy Warhol, sino al 7 gennaio 2024

MASI Lugano: 300 capolavori dell’arte grafica

MASI Lugano: “Da Albrecht Dürer a Andy Warhol”. I capolavori dell’arte grafica nella modernissima sede del MASI (Museo d’arte della Svizzera italiana).  Sono in mostra 300 opere della grande collezione di stampe e disegni del Politecnico federale di Zurigo. Fino al 7 gennaio 2024.

Passeggiando sul lungolago di Lugano, proprio davanti all’ingresso del Lac, avveniristica sede del Museo d’arte della Svizzera italiana (MASI) si trova una curiosa statua in granito dello scultore Piero Travaglini che raffigura un rinoceronte.

Un omaggio moderno alla celebre xilografia Rhinocerus (Il rinoceronte) che Albrecht Dürer creò nel 1515 per una curiosa circostanza: l’arrivo a Lisbona di un rinoceronte vivo, come dono al sovrano del Portogallo. Poiché non si era mai vista una creatura così esotica, lo scalpore che suscitò oltrepassò di molto i confini del regno.

Anche Albrecht Dürer ne sentì parlare e si mise subito a creare un’opera grafica. Tuttavia non vide l’animale con i suoi occhi. Ne conosceva l’aspetto soltanto sulla base delle descrizioni contenute in una lettera, cui era accluso un disegno dell’animale.

Rifacendosi a queste indicazioni, arricchì la sua rappresentazione con elementi derivanti dalla propria immaginazione, In Dürer la pelle dell’animale assomiglia vagamente all’armatura di un cavaliere medievale e la struttura delle zampe ricorda una corazza a scaglie.

L’artista pensò che quel soggetto esotico, raffigurato in una stampa, avrebbe avuto un gran successo di vendita. Infatti la sua xilografia andò a ruba ed ebbe otto tirature.

Un capolavoro che plasmò per secoli l’immaginario europeo, capostipite di tutte le rappresentazioni dell’animale nella storia dell’arte moderna.

MASI Lugano: “Da Albrecht Dürer a Andy Warhol”

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E oggi il “Rinoceronte” di Albrecht Dürer è la vedette della grande mostra “Da Albrecht Dürer a Andy Warhol” a cura di Linda Schädler (Direttrice della Graphische Sammlung ETH Zürich) che espone fino al 7 gennaio 2024 una preziosa parte del patrimonio di una delle collezioni d’arte grafica più vaste e rinomate, quella del Politecnico federale di Zurigo.

Capolavori grafici di tutte le epoche – xilografie, litografie, acquaforti, serigrafie – solitamente custoditi con estrema cura e attenzione in armadi e cassettiere d’archivio e oggi in parte esposti al pubblico. Un avvincente viaggio attraverso i secoli della storia dell’arte, dal Rinascimento ai nostri giorni.

L’ETH Zürich è un’istituzione molto nota e rinomata in Svizzera e all’estero, ma non tutti conoscono la sua Collezione di arte grafica: con la mostra di Lugano il MASI offre al pubblico l’occasione di scoprire 300 capolavori.

Tecniche, motivi, stili e concezioni dell’arte nei secoli si susseguono in un percorso cronologico, in cui le opere di esponenti di spicco della storia dell’arte europea – da Albrecht Dürer a Rembrandt van Rijn da Francisco de Goya a Maria Sibylla Merian, Pablo Picasso e Edvard Munch – sono presentate accanto ai lavori di artiste e artisti viventi come John M Armleder, Olivier Mosset, Candida Höfer, Susan Hefuna, Shirana Shahbazi o Christiane Baumgartner.

Da questo raro ed eccezionale confronto tra gli antichi maestri e le creazioni più contemporanee emergono connessioni inaspettate e sorprendenti.

Temi come il processo di creazione dell’opera d’arte, il rapporto tra copia e originale, la trasmissione di motivi e iconografie, ma anche la collaborazione tra professionalità diverse in campo artistico attraversano la storia della grafica fin dalla sua nascita e toccano aspetti oggi ancora attuali.

Oltre a mettere in luce l’ampio spettro delle tecniche grafiche – dalla xilografia all’incisione a bulino fino all’acquaforte e alla serigrafia – la mostra presenta anche disegni, fotografie e multipli.

Il progetto espositivo propone inoltre informazioni e curiosità sulle origini, le funzioni e l’importanza delle opere attraverso i secoli.

Il percorso espositivo

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Il percorso espositivo si apre con una grande parete su cui, secondo lo “stile Pietroburgo”, sono appesi autoritratti o ritratti di artiste e artisti. In questa suggestiva panoramica, che abbraccia epoche diverse, chi visita la mostra si trova a tu per tu con secoli di storia dell’arte: dallo sguardo intenso dell’acquaforte di Rembrandt nell’autoritratto con la moglie Saskia, a quelli più celebrativi di Anton van Dyck o Maria Sibylla Merian.

E, poi, dalle fotografie autoritratto in bianco e nero di Urs Lüthi o di Fischli/ Weiss all’autoritratto sintetico, di poche linee, di Max von Moos o, ancora, alla semplice bocca di Meret Oppenheim nell’incisione di Markus Raetz, solo per citarne alcuni.

La mostra prosegue con la presentazione di opere storiche della Collezione dalla fine del XV secolo ai giorni nostri. In un momento in cui la fotografia non era ancora stata inventata, dal XVI secolo la cosiddetta “incisione di traduzione”, che riproduceva dipinti e opere d’arte, era un mezzo fondamentale per far conoscere i capolavori ad un ampio pubblico.

Capolavori che, attraverso la stampa, venivano anche reinterpretati: in mostra, la Caricatura della copia del Laooconte di Niccolò Boldrini è un esempio di come una stampa veneziana del XVI secolo potesse adattare un motivo antico, trasformandolo in un’immagine nuova e irriverente: le figure antiche sono state infatti sostituite con delle scimmie.

Grazie all’ampio respiro cronologico della mostra è possibile osservare la trasmissione delle tecniche incisorie nel tempo, ma anche i diversi metodi di lavoro delle artiste e degli artisti.

In un grande maestro come Rembrandt questo aspetto è evidente nelle due versioni dell’incisione Ecce Homo, da cui emerge come l’artista ritoccasse e perfezionasse le sue opere di continuo.

Questo era possibile anche grazie alla tecnica della puntasecca, che permetteva di incidere la lastra con uno strumento d’acciaio a forma di ago appuntito, manovrato liberamente proprio come fosse una matita.

Non mancano le bellissime rappresentazioni panoramiche e le vedute di montagna disegnate e acquarellate da Hans Conrad Escher alla fine del Diciottesimo secolo, le eleganti litografie di Henri de Toulouse-Lautrec o le curiose xilografie di Félix Vallotton, che critica, ironicamente, la ricca borghesia parigina di fine Ottocento.

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