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“La Cordigliera dei sogni”: la montagna e la storia del Cile

La Cordigliera dei sogni, di Patricio Guzmán, Francia – Cile 2019 – Nei cinema dal  10 giugno 2021

La bellezza maestosa e silente della catena montuosa che attraversa tutta l’America latina fa da testimone alla storia drammatica del Cile, la terra natia di Patricio Guzmán, abbandonata nel 1973 e dove non è mai più tornato a vivere dopo il colpo di stato contro il governo Allende, che ha aperto la lunga stagione della dittatura.

La Cordigliera dei sogni: la magia del cinema

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Tra le immagini più commoventi ci sono quelle della casa della sua infanzia, di cui resta solo lo scheletro in mezzo agli enormi edifici prodotti dalla speculazione edilizia: mura fragili e all’interno solo detriti accumulati nel tempo.

Impossibile restaurarla, ma quello che non può fare l’uomo Patricio Guzmán, nonostante il suo desiderio, può farlo la magia del suo cinema.

Superare la cordigliera delle Ande riporta nel paese dell’infanzia, è un viaggio nel passato, in luoghi trasfigurati dai tanti anni di distanza e dalla reinvenzione della memoria.

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L’esplorazione del territorio porta a interrogarsi sulla storia

Guzmán è un grande documentarista: i film della sua trilogia sulla Battaglia del Cile sono considerati tra i migliori documentari mai girati.

La Cordigliera dei sogni racconta la parte meno conosciuta delle vicende del Cile.

Quella che rischia di essere dimenticata: la storia dei lunghi anni in cui la dittatura ha governato il paese con la messa al bando di ogni dissidenza e la repressione di ogni forma di opposizione e di manifestazione pacifica.

 

Lo si vede nelle immagini ricavate dal fragile e prezioso archivio di registrazioni video realizzate su tutti i supporti possibili (un documento dell’evoluzione della tecnologia nel campo delle videoregistrazioni) realizzato e conservato miracolosamente da Pablo Salas, un filmaker che con la macchina da presa ha temerariamente raccontato l’opposizione nelle piazze e la dura repressione delle forze armate contro cittadini inermi, arrestati, torturati, scomparsi, mentre si affermava un’economia di rapina che svendeva anche all’estero le ricchezze del territorio cileno e del tesoro minerario conservato nel suo sottosuolo, in particolare il rame.

Un archivio fragile e potente in tutti i formati che la tecnologia ha reso via via disponibili.

Quello che ci può mostrare è solo una parte, la meno violenta e terribile della dittatura: il resto si deve immaginare.

Il senso di isolamento del Cile

Dalle conversazioni con gli amici artisti di Santiago, Guzmán fa emergere un comune modo di sentire la catena montuosa che isola il Cile dal resto del mondo.

Un senso di isolamento che è durato per tutto il tempo della dittatura, che ha reso il paese un caso, non unico, ma tragicamente singolare.

Un isolamento che è anche quello vissuto dal regista, legato a sogni ricorrenti e fantasmi del passato, ciò che lo spinto a dedicare la vita e il lavoro al fare memoria, attraverso il cinema.

Dopo essere andato a Nord, nel deserto di Atacama, per Nostalgia della luce, ed essere stato a Sud, in Patagonia, per La memoria dell’acqua, Patricio Guzmán chiude con La Cordigliera dei sogni la trilogia sul territorio fisico cileno indagato nei suoi risvolti emotivi, storici, politici.

Come già per i film precedenti, la bellezza della geografia e dei luoghi si oppone all’orrore, perché sotto il cielo più limpido del pianeta ci sono i morti senza sepoltura del regime: chiuso e protetto dalla Cordigliera, altera, composta e maestosa, c’è il ricordo della furia della polizia, del sentiero delle deportazioni di massa, delle urla dei manifestanti brutalmente picchiati.

Forse solo la Cordigliera testimone muta e silenziosa, ma tenace, sa mantenere la memoria

Guzmán in questo terzo capitolo dei tuoi film sulla geografia del Cile vorrebbe riportare il sorriso sul volto di un paese triste, ferito in profondità nell’animo collettivo da risentirne ancora visibilmente.

Nonostante gli anni passati e la fine della dittatura, la Cordigliera resta uguale nel tempo, come sulla scatola di fiammiferi, a ricordare la persistenza dei legami profondi tra passato presente.

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