La suggestiva gola del Reno e i suoi castelli
Microclima, rocce e fossili, soprattutto stupende fortezze
La gola del Reno è uno dei paesaggi più suggestivi e meno conosciuti di tutta Europa.
Patrimonio mondiale dell’Unesco, è un tratto di circa 65 chilometri compreso tra Coblenza e Bingen.
Si potrebbe parlare della particolare conformazione delle rocce, ricche di ardesia e di fossili.
Forse si potrebbe intavolare una discussione sul singolare microclima che permette il passaggio di animali altrimenti mai visti in regione lungo la vallata. Volendo, potremmo aprire un dibattito sull’utilità storico- geografica del Reno lungo i secoli di sviluppo della nazione tedesca.
Io invece mi soffermerei più volentieri su qualcosa d’altro.
Reno. Sui castelli asserragliati lungo i fianchi dei monti che lo circondano.
Vennero costruiti nel Medioevo, per poter controllare il fiume e le navi che ci passavano, e col passare del tempo si sono moltiplicati, popolando la gola, prendendone il controllo. Un vero e proprio esercito di feritoie e merli che si aggrappa alla ripida vallata, cercando di non cadere nelle acque torbide del fiume.
Molti vennero distrutti all’epoca del Sacro Romano Impero (Germanico), e le rovine, se possibile,
sono ancora più imponenti.
Sul Reno se ne vedono alcuni svettare su un costone di roccia, ancora fieri,
indomiti di fronte allo scorrere del tempo.
Altri invece sembrano colossi caduti, ingoiati dalle fauci della gola, circondati dalle chiome di alberi, sconfitti dal vento, dalle piogge. Dal sole. Perché è una guerra che si protrae da secoli, ormai.
Una guerra di cui non si parla, una guerra invisibile e silenziosa. Molto più violenta di quelle affrontate da Carlo Magno, o da Ottone I.
Una guerra che lascia cicatrici molto più profonde lungo la gola del Reno.
E chi la andrà a visitare non la sentirà nemmeno, troppo preso dalla luce del sole che gioca con le acque del fiume, che si infrange contro pareti sconfinate di roccia che si tuffano nel Reno.
Forse seguirà con lo sguardo qualche nave da crociera che scivola lungo la corrente, forse guarderà gli sparuti gruppi di abitazioni sparsi in qua e in là. Ma non sentirà le urla, non vedrà il sangue.
Perché uomo e natura si contendono da secoli l’egemonia della vallata, gelosi della sua bellezza, della sua selvaggia purezza.
Testo di Luca Baldacci
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